LETTERE DEL RETTOR MAGGIORE – JUAN VECCHI

LA FAMIGLIA SALESIANA COMPIE VENTICINQUE ANNI

Introduzione.Una storia aperta al futuro.La nuova sensibilità ecclesiale.Ripartire dalle Costituzioni.La Famiglia Salesiana: principi costitutivi. 1. – un insieme; 2. Un insieme di gruppi; 3. Una precisazione necessaria: l’ecclesialità; 4. L’esigenza definitiva: essere gruppi ‘istituiti’.La vita della Famiglia Salesiana. 1. Partecipazione vocazionale al carisma di Don Bosco; 2. Condivisione diversificata dello spirito e della spiritualità salesiana; 3. Coltivare l’amore di predilezione per i giovani; 4. Titoli di appartenenza alla Famiglia Salesiana.Il servizio alla Famiglia Salesiana. 1. L’animazione è un impegno comunitario; 2. è opera di confratelli qualificati e disponibili; 3. Un servizio qualificato salesianamente.Alcune prospettive nuove emerse nel CG24. 1. Gli Amici di Don Bosco; 2. Il Movimento Salesiano.Ritorniamo ai giovani.Conclusione.

Roma, 1 gennaio 1997

Solennità di Maria SS. Madre di Dio

Cari confratelli,

Vi scrivo all’inizio dell’anno 1997, che vi auguro felice e fecondo per la presenza del Signore, sentita nella vita comunitaria e negli impegni pastorali.

Amo pensarvi intensamente impegnati nell’applicazione del CG24, che rappresenta per tutti noi il programma di lavoro dei prossimi sei anni. Così lasciano intendere le notizie che arrivano dalle Ispettorie.

Pure noi nel Consiglio Generale abbiamo cercato di concentrare l’attenzione su alcuni punti che consideriamo la parte essenziale degli orientamenti capitolari[1].

Il primo è il nuovo rapporto da instaurare, in maniera organica, tra salesiani e laici, a partire da alcune convinzioni interiorizzate e tradotte nella pratica.

Da tale riflessione mi è sorta l’idea, confrontata in Consiglio, di riprendere con voi il tema della Famiglia Salesiana. Essa è l’ambito dove i rapporti tra salesiani e laici acquistano maggiore significato. Dalla profondità di tali rapporti infatti risulta la Famiglia in tutta la sua ricchezza e molteplicità.

Mi offre lo spunto anche una ricorrenza significativa: il progetto di Famiglia Salesiana, come lo stiamo portando avanti oggi, compie venticinque anni. Fu infatti proposto dal CGS 20, i cui documenti vennero consegnati alla Congregazione nel gennaio del 1972. Possiamo dunque, con uno sguardo di sintesi, vedere gli inizi, il cammino percorso, lo stato attuale, e insieme scorgere le potenzialità ancora latenti, i nuovi spazi da esplorare, le espressioni da creare.

Mi ha pure stimolato l’iniziativa delle FMA di istituire nel loro Consiglio Generale un ruolo per la Famiglia Salesiana. Questa ‘nuova’ loro presenza di responsabilità comunitaria sullo scenario della Famiglia non solo darà a questa uno sviluppo quantitativo, ma aggiungerà la qualità di cui sono portatrici come donne, consacrate, salesiane.

è proprio il momento per una pausa di riflessione e per una nuova partenza, con una visuale più ampia e con un coinvolgimento più generale.

A questo, d’altra parte, ci spinge il CG24 quando disegna un soggetto responsabile della missione salesiana più largo, che a noi tocca convocare, rendere consapevole e accompagnare.

‘Riproponendovi il tema della Famiglia Salesiana dunque non affronto un punto ‘particolare’ del CG24, ma una prospettiva di sintesi e una chiave di adeguata comprensione. La Famiglia Salesiana sarà il nostro principale campo operativo, così come, in altri periodi, sono stati la comunità salesiana o gli ambienti di educazione.

Una storia aperta al futuro

Il fatto e l’idea della Famiglia risalgono a Don Bosco e fanno parte del suo carisma. Per questo contribuiscono pure a dare un volto alla sua spiritualità, che ha nella missione la sorgente e il punto più espressivo di manifestazione.

Impressiona rileggere la descrizione della vita dell’Oratorio nei suoi primissimi anni. Don Bosco appare solo con una massa di giovani. I collaboratori, spauriti per il lavoro e ancor di più per il tipo di giovane prescelto dalla sua carità pastorale, lo abbandonano. Ma la volontà di riunire intorno a sè giovani e adulti non gli viene mai meno. Percepisce l’importanza di aggregare forze per la missione che gli è stata affidata. Piuttosto che desistere di fronte alle difficoltà ci riprova. Con l’opera degli Oratori coinvolge persone di orientamenti diversi, mosse da un comune desiderio di venire incontro al problema dei ragazzi pericolanti. Ci sono uomini e donne, professionisti e gente modesta, politici ed ecclesiastici, catechisti e anche collaboratori con compiti domestici.

Con la fondazione dei tre gruppi – Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice e Cooperatori – dà corpo all’intuizione iniziale, secondo quello che i tempi della Chiesa e della società civile suggerivano e consentivano.

La Congregazione ha custodito l’intuizione di Don Bosco e sviluppato le sue realizzazioni. Basta ricordare i ‘rinnovamenti’ periodici e la diffusione dei Cooperatori, il consolidamento e l’estensione dell’associazione degli Exallievi e la nascita dell’Istituto delle Volontarie di Don Bosco.

Attorno al nucleo iniziale crescevano nuove espressioni dello spirito salesiano e variava pure il rapporto tra i gruppi originari, salvo sempre il riferimento ad un’unica appartenenza spirituale.

Arriviamo così all’epoca del Concilio Vaticano II. Chiamata a rileggere le proprie origini in vista del rinnovamento voluto dalla Chiesa, la Congregazione Salesiana approda alla presa di coscienza che ‘le urgenze attuali pongono in termini nuovi il problema dell’unità e della comunione’ tra i gruppi che si riferiscono a Don Bosco come fondatore [2].

Ritengo le affermazioni del CGS indispensabili per capire la storia e continuare l’impresa. Ne riporto quindi per intero il testo, al quale mi riferisco per offrire alcuni orientamenti a partire delle prospettive enunciate allora, che vanno oggi approfondite. Si tratta di un ‘Atto di rifondazione’, quasi un decreto costitutivo in cui vengono elencati e correlati i fatti che fondano la Famiglia Salesiana.

‘Il contesto in cui si muove oggi la Famiglia Salesiana e di cui devono avere coscienza i membri che la compongono è che:

– la Famiglia salesiana è una realtà ecclesiale che diventa segno e testimonianza della vocazione dei suoi membri per una missione particolare, secondo lo spirito di Don Bosco;

– la Famiglia salesiana esprime – sulla linea di quanto la Chiesa ha detto di se stessa – la comunione tra i diversi ministeri al servizio del popolo di Dio; e integra le vocazioni particolari perché sia manifesta la ricchezza del carisma del Fondatore;

– la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità originale di natura carismatica che arricchisce tutto il Corpo della Chiesa e diviene un modello pedagogico cristiano tutto particolare.

La ‘Famiglia salesiana’ dunque, vista nel mistero della Chiesa, dovrà definire la sua identità, la sua missione e le sue forme alla luce delle dimensioni essenziali della Chiesa; ciò richiede che si parli di vocazione, missione, servizio, testimonianza, comunione, storicità e rinnovamento come di altrettante componenti essenziali di questa famiglia.

L’ampiezza straordinaria e la complessità dei problemi giovanili odierni sprona il nostro zelo ad accentuare le forme di ripartizione delle forze operanti in questo settore e la loro mutua collaborazione.

Non si tratta soltanto di una semplice ‘strategia dell’azione’ a livello umano, ma di costruire insieme un ‘futuro’ alla luce del Vangelo, con il dinamismo della speranza cristiana e sotto la spinta dell’azione di Dio che realizza nella storia umana il suo Regno’[3].

Da tale presa di posizione ha avuto origine un progetto. Lo sforzo per realizzarlo ha segnato la storia degli ultimi decenni. Da allora si è fatto il rilevamento dei gruppi; si sono rinnovati, consolidati ed estesi quelli che già erano collegati con noi; altri gruppi hanno chiesto formalmente l’appartenenza e altri ancora sono nati proprio nella fase feconda del postconcilio. Ha incominciato a funzionare ‘l’insieme‘ con una nuova forma di comunicazione: più frequente, più organica, più sostanziale e unitaria, più desiderata e cercata. Così la realtà della Famiglia Salesiana è entrata nella coscienza della Congregazione e dei gruppi con essa collegati e ha acquistato maggiore visibilità. Ne sono testimoni una vasta letteratura e tante iniziative a livello mondiale e ispettoriale.

A mano a mano poi che si rinnovavano altri aspetti della nostra vita, la Famiglia emergeva con più grande chiarezza, con maggiori responsabilità e con nuove possibilità. Così il progetto educativo pastorale (CG21) la supponeva e la convocava per una azione più estesa ed efficace in favore dell’evangelizzazione dei giovani. E per il cammino di fede di questi stessi giovani, il CG23 considerava indispensabile che i salesiani si dedicassero ad animare, insieme alla comunità educativa, la Famiglia Salesiana.

Inizialmente forse ci siamo sentiti quasi a disagio parlando della Famiglia Salesiana. L’approfondimento dell’idea e l’esperienza positiva, col passar degli anni, ce l’hanno resa familiare. Oggi non possiamo farne a meno.

Abbiamo bisogno però di passare dalle dichiarazioni di intenti e dalle ricche affermazioni dottrinali ad un impegno operativo più aperto e creativo. Sono emersi infatti interrogativi fecondi e si sono aperte prospettive inattese riguardo allo sviluppo della Famiglia Salesiana. Provengono da quanto abbiamo vissuto in questi ultimi anni, dalla riflessione accumulata e particolarmente dal confronto avutosi nell’ultimo Capitolo Generale.

La nuova sensibilità ecclesiale

Il cammino percorso dalla Famiglia Salesiana si inserisce in quello della Chiesa e lo rispecchia. Per capire che cosa ci viene chiesto oggi e che cosa ci attende nel prossimo futuro, dobbiamo guardare ai grandi orientamenti che si vanno profilando nella Chiesa. Richiamo solo i più attinenti al nostro tema e lo faccio velocemente perché li considero ben presenti alla vostra attenzione.

Giovanni Paolo II sta portando tutta la comunità ecclesiale sulla frontiera della nuova evangelizzazione. Una lettura attenta del suo magistero dà idea della portata e degli aspetti più urgenti. La nuova evangelizzazione comporta una presenza dei credenti, capace di testimoniare alcuni valori indispensabili e particolarmente a rischio nel mondo d’oggi: la dimensione spirituale, l’etica, la vita, l’amore, il senso di Dio[4]; è un impegno integrale della comunità cristiana nell’annuncio di Cristo, nella promozione umana e nella inculturazione del Vangelo.

I Sinodi dei vescovi e le Conferenze dei diversi episcopati, hanno sottolineato l’urgenza di un coinvolgimento più responsabile dei laici in questo progetto di evangelizzazione e nell’animazione delle comunità cristiane; urgenza che, per altro, irrompeva già spontaneamente dalla coscienza della Chiesa. La presentazione più completa ci è data dall’Esortazione apostolica Christifideles laici. Essa ci riporta ad alcune preoccupazioni già presenti nel nostro progetto educativo pastorale e divenute oggi più pressanti, proprio per il maggiore coinvolgimento dei laici nella missione salesiana.

Mi riferisco, per esempio, all’interscambio da favorire tra le diverse vocazioni; alle urgenze formative di fronte alle sfide della cultura; al dialogo da sviluppare fra persone di diverse confessioni cristiane o di diverse religioni; al ruolo della donna e al suo contributo al lavoro educativo, alla spiritualità e alla convivenza sociale. Il CG24 se n’è occupato per disteso per cui basta rimandare le comunità a una sua attenta lettura.

Un’ultima realtà che voglio portare alla vostra attenzione è la nascita e la diffusione di movimenti di spiritualità. Éun fiorire che s’impone e ci interroga sulla forza e le strade dello Spirito. Tali movimenti rispondono alle domande di senso, di interiorità e di vita spirituale che affiorano possenti nel nostro contesto tecnologico e secolare. Corrispondono alle vie della nuova evangelizzazione e all’emergenza del laicato.

Non pochi di essi sono collegati a Istituti di vita consacrata della cui spiritualità si alimentano o dai quali hanno avuto origine come espressione di radicalità e di servizio. L’Esortazione apostolica Vita Consecrata lo riconosce: ‘Questi (laici) vengono perciò invitati a partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione dell’Istituto medesimo. Si può dire che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi ordini secolari o terz’ordini, è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato’[5].

Queste ed altre tendenze vanno guardate ed integrate nella nostra esperienza personale e di comunità, non quasi fossero fatti casuali, gli uni separati dagli altri, ma in maniera unitaria come segni di un cammino che la Chiesa ci invita a fare.

Ripartire dalle Costituzioni

Dentro la vita ecclesiale, così ricca di stimoli e modelli, ci ritroviamo dunque, come Famiglia di Don Bosco, per riconfermare alcune certezze e mettere a frutto alcuni doni che sono parte integrante della nostra vocazione.

Ci sentiamo felici di aver scritto nelle nostre Costituzioni alcuni articoli, il cui compimento ci ha collocato sull’onda della Chiesa. Essi conservano la freschezza di tale sintonia e trasmettono l’urgenza di realizzare alcuni progetti per rispondere ai nuovi bisogni della gioventù in tutte le latitudini.’

Le Costituzioni collegano internamente missione e Famiglia.

Sulla nostra missione dicono che

– intendiamo ‘essere nella Chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri’[6];

– ‘la vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa e ci pone interamente al servizio della sua missione’[7];

– ‘aperti alle culture dei paesi in cui lavoriamo, cerchiamo di comprenderle e ne accogliamo i valori, per incarnare in esse il messaggio evangelico’[8]. Colpisce l’ampiezza con cui la missione viene prospettata e la profondità del suo senso. Ad essa corrisponde un’altra idea originale di Don Bosco: l’insieme di forze da aggregare per realizzare tale missione in tutta la sua estensione, secondo uno spirito caratteristico. è espressa nell’articolo 5 delle Costituzioni, uno di quei testi che, meditato, dovrebbe rimanere registrato letteralmente nella nostra memoria.

�Da Don Bosco trae origine un vasto movimento di persone che, in vari modi, operano per la salvezza della gioventù.

Egli stesso, oltre la Società di san Francesco di Sales, fondò l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e l’Associazione dei Cooperatori salesiani che, vivendo nel medesimo spirito e in comunione fra loro, continuano la missione da lui iniziata, con vocazioni specifiche diverse. Insieme a questi gruppi e ad altri nati in seguito formiamo la Famiglia Salesiana.

In essa, per volontà del Fondatore, abbiamo particolari responsabilità: mantenere l’unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica.

Gli Exallievi ne fanno parte per l’educazione ricevuta. La loro appartenenza diviene più stretta quando si impegnano a partecipare alla missione salesiana nel mondo’[9].

Avendo partecipato alla ricerca sulla Famiglia Salesiana, previa alla stesura dei testi che oggi sono nelle nostre mani, ricordo questa ispirazione emersa nel CGS come un dono del Signore per il rinnovamento della Congregazione. É quanto esprimeva il Rettor Maggiore don Luigi Ricceri presentando gli Atti di detto Capitolo Generale:

‘Ed eccoci di fronte a un’altra grande direttrice di marcia del nostro rinnovamento per questi prossimi anni …

è urgente ridonare alle nostre comunità la dimensione di nucleo animatore di altre forze spirituali e apostoliche: ne trarranno esse stesse grandi vantaggi spirituali e apostolici.

Questa è stata una delle caratteristiche della carità pastorale di Don Bosco’[10].

Su queste basi si è sviluppata la riflessione ed è progredita la prassi negli anni che seguirono il Capitolo Speciale. Le lettere circolari di don Egidio Viganò, dedicate alla Famiglia Salesiana nel suo insieme e nei differenti Gruppi, l’hanno sostenuta e spinta. Costituiscono un patrimonio a cui attingere e un punto di riferimento per ulteriori sviluppi.

La Famiglia Salesiana: principi costitutivi

Mi succede con frequenza, negli incontri con confratelli e comunità, di sentirmi rivolgere domande circa la natura della Famiglia Salesiana: che cosa ‘, che cosa comprende, in base a quali criteri la si allarga o meno. Questi 25 anni hanno prodotto’ chiarimenti e certezze in merito.

Nuovi interrogativi però nascono sempre dalle situazioni che la Congregazione’ va incontrando nella diffusione del carisma di Don Bosco in nuovi ambiti di attività e in nuovi territori. Ad essi bisogna dare risposta secondo il principio della fedeltà creativa

É acquisita la convinzione che Don Bosco, guidato dallo Spirito del Signore, ha inteso dare inizio non solo ad alcune Congregazioni, ma ad una Famiglia spirituale, in cui sono da aspettarsi sempre nuove nascite e nuove parentele. La sua figura ecclesiale è quella di Fondatore di un vasto movimento spirituale e apostolico.

La Famiglia che si rifì a lui ha un’identità e quindi criteri o principi che reggono la sua costituzione. Li ricordo brevemente.

1. É un insieme.

Noi intendiamo per Famiglia Salesiana l’insieme dei gruppi ecclesiali fondati da Don Bosco e di quelli che il Rettor Maggiore riconosce portatori, con essi, del carisma di Don Bosco.

L'”insieme” non comporta una “organizzazione” superiore, per poteri e compiti, ai componenti stessi. Dice invece che tra di essi vige un legame, una relazione, una convergenza, un desiderio di libera collaborazione, in una parola, uno spazio ampio di comunione che comprende i gruppi interessati.

Non è indifferente però definirla come un insieme ed insistere sul suo significato.

Da una parte, l’affermazione riconosce a Don Bosco una fecondità che va oltre la Congregazione Salesiana. Noi non siamo i soli a rivolgerci a Don Bosco col titolo di Padre. Lo chiamiamo così insieme ad altri, con i quali è necessario sentirsi vicendevolmente fratelli e sorelle, figli e figlie, tutti insieme.

Dall’altra, per quanto riguarda le singole persone, l’affermazione dice che, realizzando in un gruppo il carisma di Don Bosco, si entra a far parte viva della Famiglia intera. Quando, come salesiano, emetto la professione religiosa, vengo incorporato alla Congregazione e’ contemporaneamente, in forza di questa appartenenza, alla Famiglia Salesiana di Don Bosco. Ciò che vale per noi salesiani vale anche per altri gruppi.

2. Un insieme di gruppi.

Va compresa nelle sue conseguenze l’asserzione che la Famiglia Salesiana è un insieme di gruppi. L’affermazione esprime una condizione di tipo istituzionale; ma prima, e più sostanzialmente, presenta una caratteristica carismatica che ha originali manifestazioni nell’esperienza di vita e di lavoro dei salesiani.

É infatti una scelta salesiana tipica quella di operare attraverso ‘gruppiù, ambienti, comunità e non soltanto raggiungendo persone singole o sviluppando rapporti interpersonali. Tale modalità è collegata allo spirito di famiglia, al nostro modo di vivere la Chiesa e alla dimensione sociale della missione.

Le Costituzioni, descrivendo il contenuto del ‘nostro servizio educativo pastorale’, ribadiscono con determinazione questa scelta carismatica, che si applica non solo al lavoro con i giovani, ma ad ogni nostro intervento: ‘Avviamo i giovani a fare esperienza di vita ecclesiale con l’ingresso e la partecipazione a una comunità di fede. Per questo animiamo e promuoviamo gruppi e movimenti di formazione e di azione apostolica e sociale. In essi i giovani crescono nella consapevolezza delle proprie responsabilità e imparano a dare il loro apporto insostituibile alla trasformazione del mondo e alla vita della Chiesa, diventando essi stessi i primi ed immediati apostoli dei giovani’[11].

Applicato alla Famiglia Salesiana, ciò significa che dobbiamo operare per formare gruppi d’impegno e non solo per avere disponibili delle persone che si coinvolgono individualmente. Bisogna verificare quanto è viva in noi quella volontà di ‘aggregare’, che portava Don Bosco a proporre e realizzare molteplici associazioni, tra giovani e adulti: la Società dell’allegria, le Compagnie, la Società di mutuo soccorso, i devoti di Maria Ausiliatrice, sodalizi vari, oltre a quelli a noi più noti.

Il gruppo opera con autonomia. Diventa il luogo naturale di crescita dei singoli membri: rassicura più facilmente circa la continuità dello stile e dei progetti da realizzare. Attraverso il gruppo passano quei contenuti formativi e apostolici che ci qualificano.

Da un punto di vista istituzionale, l’affermazione ‘la Famiglia Salesiana di Don Bosco è costituita da gruppiù indica che l’entrata in essa è legata necessariamente all’appartenenza ad un gruppo. Non è pensabile l’inserimento immediato di singole persone. La Famiglia Salesiana infatti non è puramente un fatto di amicizia, di ammirazione, di simpatia e collaborazione occasionale tra persone. La scelta personale, la volontà di condividere qualcosa, il desiderio di appartenenza devono maturare in esperienze vissute di corresponsabilità spirituale ed operativa.

Trovano qui risposta una serie di interrogativi che possono nascere tra confratelli e laici: ‘Perché i collaboratori non fanno parte della Famiglia Salesiana?0 O ancora: ‘Perché i professori non possono essere della Famiglia Salesiana?’ Infine: ‘Perché i genitori dei nostri ragazzi non sono considerati della Famiglia Salesiana?’.

La risposta è sempre la stessa: ‘Incomincino a costituirsi in gruppo. Formino associazioni con garanzie di continuità. Verifichino che alla base della loro identità e aggregazione ci sia la ‘vocazione’ salesiana (di insegnante, collaboratore, genitore-educatore), come diremo più avanti’.

Tutto ciò, è facile capirlo, più che un limite comporta una condizione di sviluppo e uno stimolo per ‘una nuova stagione associativa’ da far fiorire tra di noi.

3. Una precisazione necessaria: l’ecclesialità.

Per il chiarimento che cerchiamo di produrre va spiegato un altro elemento.

Dicevo prima: Noi intendiamo per Famiglia Salesiana l’insieme dei gruppi ecclesiali fondati da Don Bosco e di quelli che il Rettor Maggiore riconosce portatori del carisma di Don Bosco.

Ho commentato l’esigenza dell’insieme e del gruppo.

Non basta però essere un gruppo qualsiasi. Per appartenere alla Famiglia di Don Bosco è richiesto un riconoscimento ecclesiale, il gruppo cio� deve avere cittadinanza nella Chiesa in cui vive e opera, offrire ad essa qualcosa di congeniale allo spirito di Don Bosco in termini di comunione e di lavoro apostolico.

Ciò potrebbe suonare come un’affermazione discriminatoria, riduttiva delle potenzialità della Famiglia Salesiana. É invece una necessaria dichiarazione di identità, per superare confusioni e per evitare malintesi ricorrenti. Ne risulta indubbiamente una delimitazione di campo, che consente di definire il lavoro da compiere, i valori da coltivare, le esigenze da mantenere. Va dunque presa in considerazione a proposito di chi tendesse ad allargare gli spazi in maniera indiscriminata, o di gruppi di non cattolici, quando questi richiedessero una piena appartenenza alla Famiglia di Don Bosco.

Quanto detto va però composto con altre considerazioni, ugualmente importanti, per un giusto equilibrio.

La prima: l’appartenenza è reale anche quando è ancora soltanto iniziale. Ci sono gruppi che stanno percorrendo un cammino di consolidamento numerico, di identità e di organizzazione in attesa di un riconoscimento ecclesiale. Nella stessa condizione si trovano riguardo alla Famiglia Salesiana, che li accompagna e sostiene con interesse.

La seconda: l’appartenenza è sì un riconoscimento sancito dal Rettor Maggiore, ma è anche una realtà vissuta dai gruppi, ancor prima di essere formalmente dichiarata. I due elementi – realtà vissuta e riconoscimento pubblico – sono necessari, per non fare dell’appartenenza un fatto formale e neppure solo un desiderio privato.

E ancora una terza considerazione: all’interno di gruppi e associazioni riconosciuti dalla Chiesa si può dare, e si dà in effetti, presenza di persone di diverse confessioni e religioni, e, di conseguenza, interscambio ecumenico, collaborazione e incontro interreligioso: è il caso dell’associazione degli Exallievi, che potrebbe avere riscontro in altre aggregazioni simili.

4. L’esigenza definitiva: essere gruppi “istituiti”.

L’esperienza dei salesiani dislocati in diversi contesti, la riflessione dei Capitoli Generali, gli indirizzi dei Rettori Maggiori, che da sempre esercitano nella Famiglia Salesiana un ruolo di orientamento e definizione, hanno sostenuto l’esigenza che i gruppi fossero ‘istituiti’, cioè riconosciuti dal Rettor Maggiore con formule appropriate.

La Carta di Comunione nella Famiglia Salesiana di Don Bosco riporta all’articolo 9: ‘Il Rettor Maggiore è successore di don Bosco e un vincolo ininterrotto lo riallaccia alla sua persona e lo rende idoneo a rappresentarlo oggi in maniera viva.

É il centro di unità di tutta la famiglia. Offre, infatti, l’esempio e l’insegnamento che assicurano la fedeltà allo spirito e lo stimolo alla partecipazione al carisma salesiano. La sua è una funzione animatrice e promotrice, che tesse l’unità e assicura, nella varietà delle vocazioni specifiche, la fedeltà allo spirito e il coordinamento delle iniziative. Non è, il suo, un compito di governo; è piuttosto un servizio vitale di animazione.

Il Rettor Maggiore è il padre di tutti coloro che collaborano alla missione di don Bosco. Egli dilata lo spazio della sua paternità, che rimane per lui, come lo fu per don Bosco, una caratteristica essenziale. La paternità esige bontà, senso di responsabilità di fronte alla crescita di ciascuno, guida nella fedeltà carismatica, impegno per la fecondità della vocazione salesiana in tutte le sue espressioni. ‘Il vostro Rettore avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza’, lasciò scritto don Bosco’[12].

Non intendo, qui, dilungarmi nella presentazione del livello operativo che consegue a queste affermazioni. Sarà oggetto di ulteriori indicazioni pratiche in successivi numeri degli Atti del Consiglio Generale, perché riprenderemo e riproporremo i criteri per il riconoscimento di appartenenza alla Famiglia Salesiana dei gruppi che ne faranno richiesta.

Sento come compito a me affidato da Don Bosco quello di aiutare la Famiglia Salesiana a crescere in numero e qualità. Sono pienamente convinto (è la mia fede… salesiana!) della attualità e fecondità dell’esperienza educativa e spirituale del nostro Padre e Fondatore e della funzione insostituibile che in essa ha la sinergia dei doni e delle forze rappresentate dalla Famiglia.

Il riconoscimento esplicito dei gruppi, di cui stiamo parlando, aiuta a realizzare una Famiglia consapevole di essere una e unita, con le medesime caratteristiche, in tutto il mondo. Non ci possono essere varie Famiglie di Don Bosco costruite conformemente a criteri di singoli: ci saranno, e direi fortunatamente, molti gruppi che apparterranno ad essa. Dichiareranno e assumeranno tutti un legame, con le relative conseguenze, che assicura l’unità, la convergenza, la corresponsabilità, l’impegno missionario proprio dello stile di don Bosco.

La vita della Famiglia Salesiana

La Famiglia Salesiana non è da considerare, innanzitutto, come un fatto giuridico. Ha una sua dimensione organizzativa che non può essere trascurata, ma è e va vissuta come una realtà spirituale. ‘La riflessione su questo aspetto è complementare alla precedente. Dà alla Famiglia il suo volto caratteristico. E serve pure a rispondere in forma più esaustiva agli interrogativi che le comunità sentono nella loro opera di animazione.

Come si configura questa dimensione spirituale lo si comprende considerando alcuni tratti particolari.

1. Partecipazione vocazionale al carisma di Don Bosco.

Gli appartenenti alla Famiglia di Don Bosco sentono e realizzano una vocazione: quella salesiana, appunto.

L’espressione, in alcuni casi, può provocare perplessità e dubbi. Forse si pensa che sia solo un fatto associativo, che coinvolge vocazioni semplicemente cristiane.

Va chiarito allora che la vocazione salesiana non si sovrappone e non sostituisce la vocazione cristiana: tutt’altro. Le dà tono originale e intensità. Siamo salesiani in quanto cristiani. Dicono le nostre Costituzioni: ‘Noi, salesiani di Don Bosco (SDB), formiamo una comunità di battezzati che, docili alla voce dello Spirito, intendono realizzare in una specifica forma di vita religiosa il progetto apostolico del Fondatore …’[13].

Potremmo un po’ arditamente parafrasare: ‘Noi, Famiglia Salesiana di Don Bosco, siamo un insieme di battezzati, riuniti in gruppi distinti e collegati dalla comune risposta allo Spirito del Signore, per vivere nella Chiesa una originale spiritualità e realizzare un progetto apostolico per la salvezza della gioventù pericolante’.

Nelle medesime riflessioni ci aveva introdotti il Capitolo Generale Speciale. Ne riporto il testo perché, pur se di difficile lettura oggi, si collega con le impostazioni del CG24 e lancia sui 25 anni trascorsi un ponte che mette in risalto lo sviluppo omogeneo che ha avuto la Famiglia Salesiana: ‘Nella mente e nel cuore di Don Bosco dunque la Famiglia Salesiana è UNA! L’unità originale di questa Famiglia ha la sua radice ultima nella comunanza dello spirito e della missione ed è indirizzata a servizio totale della gioventù e del popolo. Realizza così, a livello superiore, una vera comunità nella quale tutti i membri sono integrati secondo i propri doni, le loro specifiche funzioni e le diverse forme di vita possibili nella Chiesa.

Questo vuol dire, e bisogna riconoscerlo con tutta chiarezza, che la vocazione salesiana è “salesiana” prima di essere “religiosa”. Vuol dire che il carisma salesiano si estende oltre i confini della sola nostra Congregazione. (…)

É questa la realtà veramente rinnovatrice di cui dobbiamo prendere coscienza sul serio se vogliamo pensare ad un rilancio vero ed impegnativo… ‘[14].

Come interpretare quel “prima” così evidenziato nel testo di fondazione della Famiglia Salesiana?

Sembra lasciar intendere innanzitutto che, storicamente, la vocazione salesiana si è manifestata in un insieme di persone prima che si fosse costituita la ‘Congregazione Salesiana’.

Ci ricorda inoltre che oggi le esperienze salesiane sono varie: la vita consacrata, lo stato laicale, la consacrazione secolare, la condizione maschile e quella femminile; ma che alla base di tutte c’è un elemento comune. La vocazione salesiana è dunque più estesa di ciascuna delle singole specificazioni.

Infine, può indicare un orientamento di servizio per noi salesiani: dedicare attenzione, darci da fare per far crescere la Famiglia, e non limitarci a guardare le possibilità della sola’ Congregazione.

Quanto lavoro ci resta da compiere per rendere consapevoli le comunità salesiane di una prospettiva così interessante e impegnativa! Quale opera di formazione c’è da intraprendere per far sì che i membri dei differenti gruppi, che sono già parte della Famiglia Salesiana o lo saranno domani, vivano una vocazione autenticamente salesiana!

La sollecitudine richiesta oggi alla comunità salesiana come nucleo animatore consiste nell’aiutare coloro che si avvicinano a noi a scoprire la loro vocazione, compresa la loro vocazione salesiana. Ciò comporta di superare una certa ritrosia nel proporre ai laici nostri collaboratori l’impegno di spendere la propria vita con Don Bosco.

Trova qui il suo posto il richiamo espresso più volte in diversi documenti e incontri, ripetuto anche nel CG24[15], di un’azione comune per la promozione delle vocazioni salesiane. Ciascuna persona, dopo il necessario discernimento, sceglierà dove collocarsi nella Chiesa di Dio e come vivere il suo battesimo. Ma non possiamo escludere a priori che, mossa dallo Spirito, decida per qualcuna delle espressioni della vocazione salesiana: essere SDB, diventare FMA, fare la promessa di Cooperatore, scegliere la vita secolare consacrata, o altro genere di vita nei gruppi della Famiglia.

Nessun gruppo, d’altra parte, potrà considerare sottratto a sè un membro, quando, compiuto il discernimento, questi chiederà l’aggregazione in una associazione diversa da quella in cui veniva maturando per consuetudine di frequenza o per educazione.

2. Condivisione diversificata dello spirito e della spiritualità salesiana.

La vocazione come fatto personale fa sempre riferimento ad uno spirito e ad una spiritualità che orientano l’esistenza. La vocazione salesiana dovrà riportarci allo spirito e alla spiritualità salesiana.

Non entro nelle discussioni di scuola, parlando di spirito e di spiritualità. Siamo tutti al corrente delle difficoltà che si incontrano nel voler definire in maniera precisa’ e delimitata i due ambiti.

Il Capitolo Generale Speciale ha scelto di usare i due termini in forma indistinta. Il commento al capitolo delle Costituzioni circa lo ‘spirito salesiano’ si introduce dichiarando che per l’utilizzazione pratica che noi ne facciamo, i due termini risultano intercambiabili[16].

Dà pure ragione degli sforzi che stiamo ancora compiendo. ‘Precisiamo che questo documento – si legge – non intende dare una presentazione assoluta né definitiva dello spirito salesiano. Solo costituisce un tentativo di risposta ad una richiesta sentita oggi nell’insieme della Congregazione. L’esperienza e lo studio ci aiuteranno a completare il nostro sforzo’[17].

Lo spirito, per sua natura, è diversamente partecipato dai gruppi e dalle persone, in quanto ciascuno lo percepisce e lo assume a seconda della propria vocazione specifica. Non solo. C’è da considerare anche la storia personale: come ciascuno fa fruttificare quello che ha avuto in dono e quanto va conquistando col proprio sforzo. Ciò si applica già alla vocazione cristiana, che è unica, ma vissuta in forma diversa da chi assume lo stato celibe e da chi si sposa, da chi diventa ministro ordinato e da chi si consacra nella vita religiosa. E così di seguito.

Riferendoci alla vocazione salesiana, partecipata da tutti coloro che appartengono alla Famiglia Salesiana, si può parlare di salesiani SDB, di salesiane FMA, di Cooperatori salesiani, di Volontarie di Don Bosco e di altre realizzazioni possibili. Così si configura la diversità tra i gruppi della medesima Famiglia Salesiana: diversità che non stabilisce privilegi, ma esclude anche quell’appiattimento che considera unica e uguale per tutti la portata pratica della denominazione salesiana.

Ma attraverso le diversità condividiamo lo stesso spirito salesiano.

Un’espressione del Capitolo Generale Speciale ci ricorda: ‘La peculiarità dello ‘spirito salesiano’, mentre fonda la nostra unità, costituisce l’anima del rinnovamento postconciliare; non solo dei salesiani, ma anche di tutti i membri della ‘famiglia salesiana’[18].

Le Costituzioni o gli Statuti dei Gruppi della Famiglia Salesiana presentano una convergenza sullo spirito salesiano che colpisce per la chiarezza e la profondità.

Ne è prova il richiamo circa il Sistema Preventivo. La ragione, la religione e l’amorevolezza ricevono modulazioni originali, quanto lo sono i doni del gruppo che si esprime.

Riconoscere questo dato è essenziale, perché trasforma la semplice affinità in accoglienza vicendevole, in ricerca mutua, in volontà di interscambio, in dono ed offerta. Lo spirito di Don Bosco e la spiritualità salesiana diventano così il cemento della comunione nella Famiglia. Si ritrovano al principio, lungo il cammino e alla conclusione della sua organizzazione.

Il compito più importante di animazione che come salesiani di Don Bosco possiamo compiere è proprio quello di comunicare il suo spirito e approfondire la spiritualità che si rifì a San Francesco di Sales.

Il CG24 ha molto insistito sulla dimensione laicale della spiritualità salesiana, considerandola un aspetto fondamentale nel rapporto di corresponsabilità tra noi e i laici, in particolare quelli della nostra Famiglia. Conviene dedicare speciale attenzione alla trattazione che il documento capitolare presenta[19]; e cercare di tradurla nella pratica quotidiana, attraverso gli itinerari indicati.

In tema di spiritualità un particolare rilievo è stato dato al motto Da mihi animas. Capire il suo significato e la sua portata è indispensabile per evitare equivoci circa l’insistente richiamo alla spiritualità. L’hanno considerato ‘centro’ illuminante ed energia movente dello spirito salesiano tutti i Rettori Maggiori, che gli hanno dedicato commenti sintetici ma stimolanti. Mantiene la nostra ricerca spirituale nel giusto baricentro e la colloca nello spazio dove si può esprimere: quello educativo-pastorale.

Don Egidio Viganò ci ha lasciato questo commento: ‘Si tratta di una profondità spirituale che contempla Dio come innamorato dell’uomo: Padre delle misericordie, Figlio che s’incarna per salvare l’umanità, Spirito Santificatore vivente tra noi per trasformare la storia.

Appena la preghiera e la contemplazione di un cuore salesiano si concentrano sul Mistero, muovono immediatamente il cuore, dall’interno stesso della sua unione con Dio, a rendersi pienamente disponibile per l’attività apostolica.

Un simile sguardo fisso sul volto di Dio suscita nell’orante una sorgente incontenibile di carità pastorale. (…)

Questo vale per i consacrati, e anche per gli altri membri della Famiglia, in modo particolare per i Laici, che dovrebbero capire e assimilare sempre meglio l’originalità e la ricchezza di simile interiorità. (…)

Dunque, dedizione alla profondità spirituale, maggiore sensibilità al Mistero e più intensa cura della carità pastorale’[20].

In sintesi il Da mihi animas e il Sistema Preventivo esprimono i tratti dello spirito di Don Bosco e della spiritualità salesiana: passione pastorale e senso educativo.

3. Coltivare l’amore di predilezione per i giovani.

Un altro tratto che distingue e qualifica la vita della Famiglia Salesiana di Don Bosco è la partecipazione alla missione giovanile e popolare.

La formula con cui viene indicata l’esigenza di lavorare per la salvezza integrale dei giovani, in particolare di quelli che vivono esposti ai pericoli, contiene due riferimenti: predilezione per i giovani, partecipazione alla missione giovanile e popolare.

Tutti i gruppi coltivano la predilezione per i giovani, anche se ciascuno, in forza della propria identità, ha destinatari particolari e modalità specifiche di evangelizzazione.

Che cosa è e che cosa comporta questa predilezione possiamo illustrarlo con alcune indicazioni essenziali senza pretesa di essere esaustivi.

La prima è operare con ‘cuore oratoriano’, ovunque si è chiamati a realizzare il proprio compito educativo e pastorale. Cuore oratoriano è interesse per quanto riguarda i giovani; è attenzione a quei ragazzi che troviamo nel proprio campo di lavoro o nella vita; è ricerca di contatto e accoglienza per aiutarli e comunicare loro la fede; è preoccupazione di promuovere e salvaguardare i loro ‘diritti’ umani; è lavorare insieme a quanti vogliono la loro crescita, per un mondo diverso e migliore; è inserirsi là dove si decidono le sorti dei ragazzi e dei giovani, nel piccolo o nel grande.

Gli spazi nei quali si può esprimere il ‘cuore oratoriano’ sono vasti e molteplici. La questione giovanile oggi comporta interventi in campo educativo, sociale e politico, a livello secolare ed ecclesiale, per la prevenzione, per l’orientamento e il ricupero.

Ogni gruppo e ogni persona poi sono chiamati a operare esplicitamente in uno degli ambiti tipici della missione salesiana: la promozione umana, l’educazione, l’evangelizzazione. Noi salesiani di Don Bosco esprimiamo questo con gli articoli costituzionali 32 (promozione personale), 33 (promozione sociale e collettiva), 34 (evangelizzazione e catechesi). Gli altri gruppi lo fanno con formulazioni loro proprie. Da animatori siamo chiamati a far emergere la collocazione e l’orientamento giovanile e popolare della Famiglia Salesiana.

Si aprono molte possibilità di intervento, se tutti ci rendiamo attenti a queste prospettive di impegno apostolico. Oggi prendiamo sempre più coscienza dell’impossibilità di poter agire efficacemente anche in piccoli ambienti, se non prevediamo un lavoro congiunto e corresponsabile. La Famiglia Salesiana dunque dovrà assumere maggiore rilevanza per rispondere alle urgenze e alle sfide che il mondo giovanile pone in forma crescente agli adulti e agli educatori.

Tutti i gruppi riprendono una parola di Don Bosco che si trova nel Giovane Provveduto fin dalle prime edizioni[21]: ‘Basta che siate giovani, perché io vi ami assai’.

Il passaggio dalle parole alla realtà vuole l’unione delle forze.

4. Titoli di appartenenza alla Famiglia Salesiana.

Le varie indicazioni richiamate (partecipazione vocazionale al carisma di Don Bosco, condivisione diversificata dello spirito e della spiritualità salesiana, amore di predilezione per i giovani) creano il senso di appartenenza e ne determinano le condizioni per renderla pubblica e formale.

Essa non può consistere in elementi unicamente interiori, come la simpatia, l’amicizia o il desiderio di essere riconosciuti dentro questa Famiglia. E’ indispensabile far ricorso ad altre categorie, così come hanno fatto i Capitoli Generali.

Sull’argomento è intervenuto più volte anche don Egidio Viganò, come si può desumere dalle lettere circolari che trattano della Famiglia Salesiana, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Cooperatori, delle Volontarie e degli Exallievi.

La Carta di Comunione riporta, in forma di sintesi, il comune sentire dei gruppi riguardo alla necessità e diversità dei titoli e ragioni di appartenenza.

‘Il termine Famiglia – vi leggiamo – è continuamente adoperato nella tradizione salesiana per indicare, in forma generica, i legami che intercorrono tra i vari gruppi e si applica in modo diversificato a seconda della natura del loro rapporto.

Questo legame o rapporto non può essere ridotto a un fatto di pura simpatia. É piuttosto l’espressione esterna della comunione interiore e carismatica. Aiuta perciò a comprendere i differenti titoli di appartenenza alla Famiglia salesiana.

L’appartenenza si nutre di uno spirito comune, che orienta verso una vasta e complementare missione giovanile e popolare; e di certe caratteristiche proprie ed originali che giustificano il riconoscimento ufficiale, che viene dato per un titolo specifico.

Un primo titolo è quello proprio dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori: sono i primi tre gruppi centrali, dei quali don Bosco è fondatore in maniera tutta speciale. Sono stati costituiti da lui eredi diretti della sua opera; sono fondamento e punto di confronto per tutti gli altri in ciò che tocca lo spirito, la missione e la metodologia pedagogico-pastorale di azione.

Altro titolo di appartenenza è quello dei vari gruppi di vita consacrata, nati più avanti nel tempo dalla forza creativa del carisma. Essi arricchiscono con espressioni carismatiche particolari il comune patrimonio della Famiglia.

Un terzo livello, infine, viene definito con l’espressione: titoli particolari di appartenenza. L’orizzonte in cui si colloca è più ampio rispetto a quello dei gruppi precedentemente indicati, ma è vincolato ugualmente, in modo oggettivo, alla vitalità e alla ricchezza del patrimonio spirituale di don Bosco. L’energia unificatrice del suo carisma è indispensabile anche per questo più vasto livello.

Il titolo giuridico di appartenenza poi va desunto dalla lettera di riconoscimento ufficiale che il Rettor Maggiore invia come risposta alla richiesta avanzata dai vari gruppiù[22].

Fin qui è giunta la nostra ‘riflessione. Il panorama si presenta chiaro, ma anche molto aperto.

Le espressioni utilizzate per i titoli sono varie: appartenenza alla Famiglia Salesiana in senso stretto o in senso largo; appartenenza a titolo di fondazione da parte di Don Bosco o da parte di altri fondatori che a lui si ispirano; appartenenza per risposta alla vocazione salesiana, oltre che come gruppo, anche come singole persone attraverso una consacrazione specifica; appartenenza per differenti titoli.

Per rendere operativa questa mia lettera, considerando i vari titoli di appartenenza, sottolineo alcune urgenze che la comunità salesiana deve esaminare con cura.

I Salesiani di Don Bosco con le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori costituiscono il nucleo centrale della Famiglia. Così vengono pure spesso denominati. Non è un privilegio. É un compito, primariamente, di comunione. Devono ricercarsi vicendevolmente per unire i loro diversi doni nella complementarità e mettersi a disposizione della diffusione dello spirito salesiano.

Era scontato per i SDB e le FMA. Oggi i Cooperatori stanno riconoscendo in maniera sempre più evidente il loro ruolo nella formazione dei laici che condividono la missione salesiana.

La comunione e la missione necessitano di strutture di sostegno e di stimolo. Oggi devono essere agili e leggere.

Per la comunione fra tutti i gruppi della Famiglia, invito a proseguire lo sforzo, già compiuto in tante Ispettorie, per istituire momenti di incontro, di fraternità, di intesa e di progettazione. Gli Ispettori siano i primi a manifestare questa volontà di comunione convocando, in tempi opportuni e con ordine del giorno precedentemente concordato, i rappresentanti e i responsabili dei differenti gruppi. La comunione nasce e si sviluppa se trova un ambiente e iniziative che la favoriscono. Anche noi a livello di Consiglio Generale considereremo come rendere istituzionale l’incontro annuale dei rappresentanti della Famiglia che si è svolto negli anni passati.

La missione può avvantaggiarsi molto da un’intesa tra tutti i gruppi e in particolare tra i gruppi centrali della Famiglia.

Oggi l’educazione dei giovani ha bisogno di figure differenziate e di interventi vari. Solo un insieme può rispondere efficacemente alle attese. Il bene dei giovani ci chiede dunque un ulteriore sforzo per progettare insieme.

I risultati raggiunti negli anni passati sono là a testimoniare che è possibile operare in maniera convergente. La pastorale giovanile, la famiglia salesiana, la comunicazione sociale, l’impegno missionario, la preoccupazione formativa, l’economia hanno ambiti che possono essere condivisi corresponsabilmente.

Il servizio alla Famiglia Salesiana

Penso sia ormai da tutti accettato che nei confronti della Famiglia Salesiana abbiamo delle responsabilità particolari. Lo afferma l’articolo 5 delle nostre Costituzioni.

Per la concretezza che vuole rivestire la presente lettera, do un rapido sguardo ai Regolamenti generali della Congregazione[23]. Essi specificano in linea pratica l’indicazione costituzionale. Richiamano, di conseguenza, alcuni impegni da riprendere in questo momento con rinnovata attenzione. Nella loro realizzazione hanno un ruolo determinante Ispettori e Direttori. Essi dovranno tener presenti alcune cose.

1. L’animazione è un impegno comunitario.

Il Capitolo Generale Speciale parlava di cambio di mentalità necessario per affrontare con nuove prospettive il lavoro con la Famiglia Salesiana. Il primo cambio indispensabile è che la comunità si senta coinvolta nell’animazione e collaborazione con i diversi gruppi della Famiglia Salesiana che operano sullo stesso territorio.

Non può essere questo un lavoro totalmente delegato ad una persona sola. Sono in gioco significativi valori carismatici.

La comunità interviene in molti modi:

– con l’interessamento diretto ed esplicito circa la vita e le attività del Gruppo;

– con la stima e la simpatia, espresse specialmente in momenti di particolari ricorrenze;

– con l’accoglienza fraterna delle persone che giungono in comunità per vari motivi, come riunioni ed incontri programmati dai differenti gruppi;

– con il sostegno morale e materiale, per quanto è possibile, nei casi di difficoltà, dimostrando così che vogliamo considerarli come veri fratelli e vere sorelle;

– con l’assistenza e la direzione spirituale, come momento tipico di formazione alla vita salesiana;

– con l’offerta di spazi e forme di collaborazione corresponsabile nel progetto educativo e pastorale che la comunità sta realizzando;

– con l’accompagnamento vocazionale di tutte le persone perché accolgano il dono di Dio.

Ma soprattutto la comunità integra la cura della Famiglia Salesiana nel suo progetto comunitario. É indispensabile riportare le preoccupazioni apostoliche di tutti i salesiani al centro della vita della comunità e ad un unico progetto di azione. La nostra forza è nel vivere e lavorare insieme. L’incidenza della nostra presenza è legata al carattere comunitario degli interventi. Va evitata una ‘delega’ che comporti poi marginalità o disinteresse della comunità nell’accompagnamento dei gruppi .

La partecipazione attiva della comunità è indispensabile soprattutto in vista della nuova qualità e delle nuove forme di collaborazione. Arricchisce il servizio, mette al riparo dai cambiamenti improvvisi di orientamento, organizzazione e stile di vita dei gruppi, quando un delegato smette il suo servizio e ne subentra un altro.

Dà dunque un contributo alla storia del gruppo e impedisce che la ricchezza accumulata vada dispersa.

2. É opera di confratelli qualificati e disponibili.

Raccoglieremo i frutti che ci attendiamo dai gruppi della Famiglia, in particolare dai Cooperatori, Exallievi e VDB, proporzionalmente alla qualità e alla disponibilità di tempo dei confratelli incaricati di accompagnarli.

La prima preoccupazione dell’Ispettore e del suo Consiglio è dunque la scelta dei confratelli che renderanno questo servizio, tipicamente salesiano. Qualità e competenza garantiscono l’efficacia della loro presenza e facilitano i rapporti all’interno dei gruppi. Ci sono dunque dei criteri che devono orientare il discernimento dell’Ispettore e del suo Consiglio nello sceglierli. Sottolineo i principali.

Il servizio sia affidato a confratelli innamorati di Don Bosco e della spiritualità salesiana: desiderosi, perciò, di comunicare tale spiritualità e disponibili a cercare nuove strade per la realizzazione del carisma. Essi sapranno condividere con la propria comunità quanto vanno operando.

Vengano preparati per il loro compito. L’improvvisazione non paga. Oggi le associazioni ecclesiali richiedono un’assistenza spirituale di qualità. Le nostre non fanno eccezione. I delegati dovranno mettersi accanto e accompagnare con autorevolezza il cammino delle differenti realtà salesiane.

La disponibilità che si richiede loro comporta studio delle caratteristiche del gruppo, comprensione degli obiettivi spirituali e pastorali propri della sua identità, orientamento salesiano di fronte alle novità che emergono dalla vita e azione quotidiana. Il risultato di una tale presenza non interessa solo il gruppo, a cui ciascuno si dedica, ma l’intera Famiglia Salesiana. Sono dunque da favorire gli incontri di formazione dei delegati, dove vengono preparati soprattutto per il ruolo di animatori spirituali.

Vanno poi opportunamente chiariti i compiti. Vengono gerarchizzati nell’articolo 5 delle Costituzioni: mantenere vivo lo sforzo di crescita di persone e gruppi nello spirito salesiano; curare l’unità, predisporre al dialogo, favorire la collaborazione fraterna; stimolare l’arricchimento reciproco e la creatività apostolica. Non conviene lasciar le cose alla merc di interpretazioni individuali, disperdersi in prestazioni secondarie o assumere direttamente funzioni alle quali il gruppo stesso deve provvedere.

I gruppi della Famiglia Salesiana sono gruppi autonomi. Hanno le loro strutture, i loro ordinamenti interni e relazioni all’esterno da gestire in proprio. La nostra presenza non deve dare adito ad interferenze. Non mancheranno momenti di supplenza, soprattutto agli inizi della vita di un gruppo in un territorio particolare. Anche in queste circostanze dobbiamo agire da ‘assistenti’ salesiani, cioè persone che si pongono accanto e suscitano le ricchezze nascoste nel cuore di ciascuno e dell’insieme.

3. Un servizio qualificato salesianamente.

Nel compito di animazione che ci è affidato va messa al primo posto la formazione.

La diversità dei gruppi suggerirà i contenuti e il livello dei membri indicherà gli itinerari per una adeguata formazione cristiana.

Ma la formazione salesiana è il punto chiave del nostro compito. Essa non è un capitolo, ma la forma e lo stile della crescita. Ha contenuti specifici, ma diventa poi forma della totalità. Va comunicata la tradizione educativa e pastorale salesiana, parte principale del nostro patrimonio spirituale e strategia vincente nel rapporto con i giovani. Don Bosco ripeteva ai suoi primi missionari che avrebbe voluto predicare per loro un corso di Esercizi sul Sistema Preventivo.

C’è poi da accostare, approfondire e confrontare, secondo i diversi vissuti,è i tratti dello spirito salesiano. Ciò rappresenta un’effettiva scuola di vita salesiana nel quotidiano, per confratelli e per laici. Le prospettive infatti sono molte e arricchenti. Ciascun gruppo è chiamato ad esprimere, come si fa nelle Settimane di Spiritualità, come sente e come vive la spiritualità salesiana.

E c’è da badare alla formazione apostolica. è una dimensione interna alla spiritualità salesiana che suppone ardore, ma anche competenze pratiche. Noi abbiamo, in questo campo, originalità che non vanno perdute. Risalgono ad alcune intuizioni di san Francesco di Sales, che Don Bosco ha ripreso, riformulato e vissuto nella sua situazione di educatore di giovani e di giovani poveri.

I gruppi della Famiglia Salesiana (noi compresi, naturalmente!) devono sapersi aprire alle nuove frontiere apostoliche della Chiesa. Ci sono areopaghi da evangelizzare, innumerevoli domande giovanili da recepire e nuovi spazi missionari a cui accudire. Non giova la concentrazione di risorse in alcuni luoghi, se ciò lascia privi della presenza salesiana altri ambienti che la desiderano e ne hanno bisogno. Va ripensata la collaborazione integrativa sul territorio e verso nuovi spazi.

Per riuscire in questa programmazione è indispensabile che i gruppi si rendano sufficientemente capaci di assumere la responsabilità primaria della propria animazione e delle proprie iniziative apostoliche. É un cammino di maturazione che noi salesiani dobbiamo spingere con tutte le nostre forze.

Un servizio specifico desidero richiamare in questo cammino: quello presbiterale! Lo considero importante e da prestarsi in maniera più intensa. É andato migliorando e non pochi confratelli potrebbero offrirci l’esperienza dei risultati ottenuti. Ma incombe il rischio di ridurlo a pura ‘cappellania’, cioè a celebrazioni a scadenza di orario o calendario. Nella concezione e nella prassi di Don Bosco ha un peso determinante. Egli è Padre e Pastore della sua Famiglia.

Tutto ciò che il Concilio ha indicato riguardo al servizio sacerdotale, le molte riflessioni nate in Congregazione su questo tema, le richieste che ci giungono oggi dalla Chiesa devono trovare noi presbiteri attenti e consapevoli della ricchezza del carisma sacerdotale.

Dobbiamo domandarci, cari confratelli, se svolgiamo il servizio della parola generosamente, con gioia interiore, con competenza e adeguatezza ai tempi e alle persone. Ci dedichiamo al ministero della santificazione, proponendo e accompagnando un cammino spirituale, utilizzando tutto ciò che la Chiesa pone a nostra disposizione? Cerchiamo di costruire e far vivere quella comunione che ha la sua origine nella vocazione, la sua energia nello Spirito, la sua radice in Cristo o, a volte, rimaniamo a livello di sola socializzazione e convivialità?

Quello sacerdotale è un servizio nel quale impegnare tutta la grazia e la preparazione ricevuta.

Alcune prospettive nuove emerse nel CG24

1. GLI AMICI DI DON BOSCO.

Il tema affrontato nelle pagine precedenti incrocia una realtà sulla quale ritengo utile un breve commento: gli ‘Amici di Don Bosco’.

Si prevede che tale realtà crescerà e perciò abbisognerà di ulteriore riflessione, per giungere ad orientamenti condivisi. Per ora mi soffermo su alcuni elementi di necessaria chiarezza.

L’espressione è in uso, sebbene in maniera generica, tra noi SDB, fin dalle origini della nostra Congregazione. Don Bosco si è fatto molti amici e molti hanno goduto nel potersi chiamare amici di Don Bosco.

In forma più diretta hanno iniziato a parlarne gli Exallievi nel loro Statuto confederale. Scrivono, infatti: ‘(La Confederazione) si propone come punto di riferimento e di aggregazione per quanti ‘a vario titolo’ si sentono vicini all’opera salesiana, ne condividono le finalità e gli impegni, e costituiscono quel vasto movimento di simpatizzanti e di AMICI DI DON BOSCO da tempo operante nella società’[24].

Il CG24 ha compiuto una prima riflessione più organica trattando del rapporto SDB-laici.

Ha rilevato un dato di fatto: ‘Don Bosco ha sempre avuto tanti amici sparsi nel mondo e negli ambienti più vari. Col passare degli anni non sono diminuiti di numero, né si è attenuato il legame con il nostro Padre e Fondatore’[25]. Anche il Papa nel messaggio per l’inizio del Capitolo riconosce che ‘i Salesiani possono contare su tanti amici di don Bosco sparsi nel mondo intero, con denominazioni differenti, ma tutti collegati con il Santo dei giovani’[26] .

Lo stesso CG24 ha indicato una tipologia, sottolineandone la varietà, con termini come ‘simpatizzanti, ammiratori, benefattori, collaboratori, consulenti, credenti e non credenti, non cristiani’[27].

Ma ha riportato tutti i tipi a una identità. ‘Con sfumature diverse – dice – essi presentano la seguente identità: rivelano un atteggiamento di simpatia per la figura di Don Bosco, il suo spirito e la sua missione; esprimono il proprio attaccamento a Don Bosco; intendono collaborare, a vario titolo, ad iniziative di bene, condividendo così la missione salesiana’[28].

Ha concluso definendo il loro riferimento alla Famiglia Salesiana. ‘Si riconosce che gli amici di Don Bosco si inseriscono in un movimento più ampio dell’attuale realtà della Famiglia Salesiana. La loro inserzione nello spirito e nella missione di Don Bosco è diversificata, con svariate gradazioni ed atteggiamenti, secondo l’immagine dei cerchi concentrici: per alcuni si tratta di un coinvolgimento diretto, per altri di partecipazione indiretta’[29].

Il testo riportato offre lo spunto per alcune indicazioni pratiche.

Rendiamoci consapevoli, anzitutto, e valorizziamo il fatto che gli amici di Don Bosco ci sono dappertutto: nelle CEP e in iniziative salesiane di natura varia, ma anche sparsi nella società, lontani da ogni collegamento fisico con una comunità di Don Bosco. Il fatto si riscontra in tutti i contesti geografici, religiosi e culturali. Sono pure nati gruppiche hanno la denominazione ‘Amici di Don Bosco’. Anche se poco numerosi, rappresentano una differenza riguardo ai non associati.

Consideriamo perciò importante mettere in programma di coltivare i rapporti con loro. Affidiamo in particolare tale impegno alla Confederazione degli Exallievi secondo quanto abbiamo espresso nel messaggio rivolto a loro nel CG24: ‘A livello locale e ispettoriale la vostra Associazione si faccia promotrice di convocazione e di collaborazione, espandendo così il carisma salesiano nel vasto movimento, e creando una rete di amicizia e simpatia con i tanti ‘amiciò dell’opera salesiana e di Don Bosco’[30].

Ma anche in questo caso non cè ‘una delega esclusiva o una ‘riserva’. Ogni salesiano, ogni comunità, ogni gruppo deve estendere l’amicizia. É questa una caratteristica della spiritualità, della pedagogia e della pastorale salesiana.

Inoltre, facendo parte del movimento salesiano, essi hanno il diritto di essere alimentati dalla spiritualità salesiana. Quindi è un nostro dovere trovare i modi per offrire tale spiritualità, creando opportunità di incontro e canali di comunicazione.

Infine, la peculiarità degli amici di Don Bosco, l’essere cioè sparsi ovunque, è per noi salesiani un’occasione per far sentire Don Bosco e le sue preoccupazioni educative in zone e ambienti dove noi non siamo presenti.

L’insieme costituisce una realtà che non può lasciarci indifferenti. Ogni giorno facciamo l’esperienza che molte iniziative sono possibili proprio per la presenza di questi amici. Contribuiscono a sostenere materialmente l’opera salesiana, ci aprono strade in ambienti politici e istituzionali, offrono un contributo non indifferente nell’educazione, diffondono il nome e lo spirito di Don Bosco nei più svariati contesti. Molti di loro, uomini e donne, ci sostengono con la preghiera e con una solidarietà a tutta prova.

Ci sono dunque potenzialità da cui trarre profitto. Per cui siamo aperti a nuovi sviluppi e realizzazioni. Ci renderemo attenti come Don Bosco ai segni e dall’esperienza impareremo come procedere oltre. Nel Consiglio Generale continueremo la riflessione per illuminare ulteriormente la questione e offrire criteri di azione.

2. IL MOVIMENTO SALESIANO.

Se ne è occupato il CG24[31], rilevando una situazione conosciuta nella quale si è incominciato a lavorare.

Infatti l’articolo 5 delle Costituzioni collega, senza soluzione di continuità, il movimento alla Famiglia, come un ambito senza confini. Capitoli Generali e Rettori Maggiori ne hanno indicato la natura e i criteri di sviluppo.

Nell’ambito della pastorale giovanile, poi, attraverso un paziente cammino di proposte, chiarimenti e realizzazioni, è nato e si è consolidato il Movimento Giovanile Salesiano (MGS). Il CG23 ne ha preso atto, ne ha sancito il valore educativo e l’ha fatto diventare proposta per tutta la Congregazione. Esso appare in alcuni contesti con una buona capacità di comunicazione interna, con forza di coinvolgimento e con itinerari formativi consolidati. Al suo interno si sono moltiplicati i gruppi e gli animatori. La Spiritualità Giovanile Salesiana (SGS) costituisce ormai un riferimento aggregante, anche se c’è ancora molto da fare per farla assimilare.

É questo il motivo per trattare del Movimento salesiano, anche se brevemente, nel presente contesto. Non mancherà un’altra circostanza nella quale rifletteremo in maniera più organica e più completa su tutta la problematica che riguarda il Movimento salesiano e la sua componente giovanile.

Il CG23 afferma che il MGS ‘è un dono originale dello Spirito alla comunità dei credenti, una ricchezza che appartiene alla Chiesa e ai giovani’[32].

Alcune esperienze e alcuni commenti, non sempre avveduti, possono aver creato una qualche disaffezione verso i movimenti, e in questa distanza involontaria si è venuto a trovare, per alcuni confratelli, anche il Movimento salesiano, soprattutto quello giovanile, che si presenta più organizzato e propositivo.

Bisogna ripartire dalla convinzione che i movimenti rappresentano una manifestazione della presenza e dell’azione dello Spirito nella Chiesa e nel mondo. Lo rileva la Christifideles Laici quando sottolinea l’esistenza di una ‘nuova stagione associativa’proprio come risposta a bisogni spirituali sentiti oggi e come risorsa per la nuova evangelizzazione.

Qui ci preme sottolineare la natura variegata del Movimento salesiano. Ne fanno parte quanti lavorano per la gioventù, dentro e fuori delle strutture salesiane, nella Chiesa e nelle istituzioni civili, ed esprimono coscientemente un qualche tratto dello spirito e dello stile educativo salesiano. Non ci vogliono tessere. Va riconosciuto, a chiare lettere, che questa realtà molteplice e differenziata trova la sua unità ed energia di sviluppo nel riferimento a Don Bosco e nella condivisione della sua spiritualità e pedagogia secondo i contesti e le possibilità di ciascuno.

Il Movimento vive dunque con alcune idee-forza che guidano in maniera convergente coloro che vi partecipano, sia in forma diretta che indiretta. ‘Questa circolazione di valori e messaggi riguardo alla spiritualità – dice il CG23 riferendosi alla componente giovanile -è non richiede un’organizzazione rigida e centralizzata. Si fonda sulla comunicazione. Considera necessaria una struttura minima per organizzare il coordinamento di iniziative comuni’[33].

Va poi ribadito che l’urgenza del Movimento deriva dalla missione giovanile e popolare. É viva la coscienza nella comunità salesiana che l’impegno di essere ‘missionari dei giovani’ non è realizzabile senza un vasto movimento di persone, coinvolte e corresponsabilizzate. Da questa esigenza prende corpo la necessità della comunità educativa pastorale in tutte le presenze salesiane. Dalla medesima esigenza proviene lo sforzo di aggregare sul territorio una ‘rete’ di collaboratori, amici e simpatizzanti disposti ad ‘opere di bene’. Da soli si rischia oltre che l’isolamento anche l’inefficacia.

Concludiamo dunque con la necessità di estendere e qualificare il Movimento salesiano. Per questo è indispensabile una animazione adeguata alla sua natura. La componente giovanile si è già organizzata in questo aspetto. Per quanto riguarda gli adulti, l’animazione spetta a tutta la Famiglia Salesiana e in particolare ai gruppi centrali di essa..

‘L’impegno di allargare il coinvolgimento – scrive il CG24 – è di tutti coloro che di fatto, a diverso titolo, già condividono lo spirito e la missione di Don Bosco. Una responsabilità tutta speciale tocca agli SDB, in ragione della loro identità e del compito che il Fondatore ha loro affidato di essere animatori del Movimento che da Lui trae origine’[34].

Le FMA danno un apporto sostanziale e qualificato al Movimento salesiano. In tutti gli ambienti in cui opera una loro comunità si aggregano numerose persone disposte a collaborare nelle iniziative e aperte allo spirito di Don Bosco e di Madre Mazzarello.

Anche ai Cooperatori salesiani, per la loro particolare collocazione all’interno della Famiglia, il CG24 dà una indicazione sulla quale dobbiamo saper impegnare i Centri locali e l’intera Associazione: ‘Vanno riconosciuti come pienamente corresponsabili della missione salesiana, e indicati come figure di riferimento per i laici dell’ampio movimento salesiano. In questo senso è stato approvato il nuovo RVA nel 1986’[35].

Bisogna considerare poi che il Movimento salesiano si va estendendo come una galassia. Vi contribuiscono le possibilità attuali della comunicazione sociale, capace di provocare adesioni e collaborazioni senza limiti di spazio. Inoltre, ciascuna delle nostre presenze ha allargato la rete dei suoi collegamenti, corresponsabilità e partecipazioni. Ma soprattutto attorno ai diversi gruppi della Famiglia vanno nascendo aggregazioni e solidarietà che da tali gruppi vengono organizzate.

Chissà che in futuro non si possa procedere a una comunicazione tra tutte queste ‘costellazioni’.

Il Movimento salesiano rappresenta quindi un campo di lavoro con un futuro interessante per il carisma di Don Bosco, ma quasi inesplorato. La sua animazione non è stata ancora programmata in forma adeguata. Bisogna inventare e provare!

Sappiamo che l’efficacia dipende da alcune condizioni: animatori disposti a comunicare lo spirito salesiano, attrezzati di visioni e competenze adeguate; canali, forme, iniziative di comunicazione e, nella misura del possibile, momenti di aggregazione spirituale e operativa; riferimenti essenziali condivisi che creino unità.

Il Movimento salesiano è un humus per le vocazioni alle diverse espressioni del carisma. Lo immaginiamo attorno a ciascuna presenza e trasversalmente nel territorio ampio, come quello spazio dove possono moltiplicarsi i Cooperatori, gli Exallievi e gli aderenti ad altri rami della Famiglia Salesiana.

Ritorniamo ai giovani

Abbiamo fatto un volo di ricognizione delle nostre risorse reali e potenziali. Lo Spirito le può risvegliare attraverso la nostra mediazione. Ora atterriamo di nuovo sul campo del nostro lavoro.

La missione giovanile e popolare di Don Bosco è la motivazione aggregante e la ragion d’essere della Famiglia e del Movimento salesiano. Essa mette i giovani al centro delle nostre preoccupazioni educative e popolari. Per realizzarla è nata e si è sviluppata la pastorale giovanile salesiana, portata avanti specialmente dagli SDB, dalle FMA e dagli Istituti di vita consacrata dediti all’educazione.

Negli ultimi tempi alcuni gruppi laicali della Famiglia Salesiana hanno organizzato le loro sezioni giovanili con finalità vocazionali e operative.

Anche le Chiese locali si vanno attrezzando con uffici di pastorale giovanile. In questa infatti si impongono, come una necessità, la convergenza e l’articolazione delle proposte, il coordinamento di settori e operatori, sotto pena di frammentazione e dispersione.

É dunque opportuno che anche noi pensiamo ad una pastorale giovanile coordinata, almeno nei criteri. équipes di pastorale giovanile e di Famiglia Salesiana dovranno continuare il lavoro di convergenza fino a tradurlo in risultati reali.

Intanto teniamo saldi alcuni riferimenti sicuri.

Tutta la Famiglia Salesiana è corresponsabile del servizio ai giovani. Ciò comporta la necessità di coinvolgere sempre di più, in un progetto, persone e gruppi che lavorano sullo stesso territorio con la loro relativa autonomia.

Il MGS è una manifestazione eminentemente “oratoriana” della missione giovanile svolta dalla Famiglia Salesiana. Tutti siamo chiamati ad animarlo secondo le caratteristiche del Movimento medesimo, che sono quelle di un Movimento ‘educativo’, che mette al centro l’educazione alla fede. La presenza di Cooperatori ed Exallievi, come animatori, è desiderabile accanto a quella degli SDB e delle FMA. Lo stesso si deve dire per quanto riguarda la CEP.

Nel Movimento Giovanile Salesiano e nella CEP si fanno conoscere tutte le vocazioni salesiane; si aiutano i giovani a fare un cammino di maturazione e discernimento, incoraggiandoli verso le forme vocazionali più impegnative. Quando il giovane è in grado di esprimere una scelta, lo si accoglie nel rispettivo gruppo per la preparazione specifica immediata all’impegno che tale scelta contempla.

Nell’attuale momento di nuova evangelizzazione c’è da raccomandare lo spirito missionario. Esso deve spingere là dove bisogni, domande o soggetti giovanili non sono ancora curati, piuttosto che concentrarsi sui giovani che hanno già un riferimento educativo e religioso sufficiente. É stato proprio questo spirito che ha provocato la nascita e la crescita della Famiglia Salesiana.

Conclusione

Anno 1997: iniziamo il nostro itinerario verso il Giubileo del 2000 che ci ricorda che stiamo vivendo un ‘tempo favorevole’ per la presenza di ‘Gesù, unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre’. Lo si sente nel palpito del mondo e nel polso della Congregazione.

Oggi, primo giorno dell’anno, celebriamo la maternità divina di Maria. Lei ha accolto il Figlio di Dio, ha contribuito sostanzialmente a dargli i tratti umani con i quali ci risulta vicino e riconoscibile.

Da Gesù la sua maternità si espande alla Chiesa e ad ogni persona, nella quale Cristo dà origine all’uomo nuovo, che è e si comporta come figlio di Dio. La nostra educazione dei giovani tende proprio a questo e non possiamo pensarla se non come partecipazione all’opera materna di Maria.

Ella ci benedica nel cammino di questo Anno di grazia e ci accompagni nel compimento della missione affidataci, insieme con tutti i fratelli e le sorelle della Famiglia Salesiana.

Juan Vecchi

[1] cfr La programmazione del Rettor Maggiore e del suo Consiglio, in ‘Orientamenti e direttive’, pag. …

[2] cfr CGS, 158

[3] CGS, 159-160

[4] cfr CG24, 199

[5] VC 54

[6] Cost 2

[7] Cost 6