Il 17 luglio 1936 scoppiò in Spagna la guerra civile (1936-1939) tra nazionalisti filo-fascisti e repubblicani comunisti. Fin dai primi giorni di guerra si verificò una vera e propria persecuzione religiosa nei confronti della Chiesa: furono incendiate chiese, assaliti monasteri e conventi, profanate salme e reliquie, vietate le cerimonie religiose pubbliche. Morirono per la loro fede migliaia tra vescovi, sacerdoti, religiosi e laici.
Nel 1964, dopo aver consultato l’episcopato spagnolo, Papa Paolo VI decise di sospendere i processi di beatificazione di tutti i martiri della guerra civile spagnola, soprattutto per evitare strumentalizzazioni politiche. Papa Giovanni Paolo II invece, ritenendo ormai maturi i tempi, a partire dal 1983 dispose che i processi iniziati nelle varie diocesi fossero portati a termine in breve tempo. In occasione della celebrazione del Giubileo dell’Anno 2000, Giovanni Paolo II sollecitò la preparazione di un catalogo dei martiri cristiani del secolo XX. Anche la Spagna collaborò con la rielaborazione dei cataloghi che le differenti diocesi consegnarono per la celebrazione ecumenica che avrebbe avuto luogo al Colosseo nel marzo del 2000. Già allora, però, monsignor Vicente Cárcel Ortí, sacerdote e storiografo di fama, cominciò a parlare di una cifra superiore ai 10.000 martiri spagnoli assassinati in tale periodo. I dati vanno così suddivisi: dodici vescovi, un amministratore apostolico, circa settemila fra sacerdoti, religiosi e religiose e circa tremila laici, la maggioranza dei quali appartenenti all’Azione Cattolica. Le esecuzioni furono effettuate in città e villaggi lontani dal fronte dove si combatteva, spesso senza processo o con processi farsa.
Dentro questa immane tragedia, che devastò la nazione e la Chiesa spagnola, si svolse anche la piccola ma dolorosissima tragedia dei figli e delle figlie di don Bosco. In una nazione e in una Chiesa martire, 95 sono i membri della Famiglia Salesiana riconosciuti martiri e beatificati.

GIUSEPPE CALASANZ MARQUÉS,
sacerdote, e 31 Compagni, martiri

Quanto alla loro identità: 16 erano sacerdoti; 7 coadiutori; 6 chierici; 2 Figlie di Maria Ausiliatrice; 1 collaboratore laico. Quanto all’anno della morte: 30 furono uccisi nel 1936, 2 nel 1938.

Gruppo di Valenza: 11 martiri

Alba del 21 luglio 1936. La casa salesiana di Valenza, dopo essere stata investita nella notte da raffiche di proiettili, è invasa dai miliziani. Sono in corso gli esercizi spirituali presieduti dall’ispettore don Giuseppe Calasanz, uno dei primi salesiani di Spagna, che conobbe don Bosco a Sarriá nel 1886. Un Salesiano superstite ha deposto sotto giuramento: “I miliziani irrompendo armati trovarono tutti noi Salesiani schierati lungo la scalinata centrale. Ci puntarono addosso i fucili. Qualche istante dopo ne arrivò uno che rimproverò i compagni: ‘Perché non avete sparato? Non eravamo d’accordo che ognuno ne uccidesse uno?’ […]. Don Calasanz ci impartì l’assoluzione”. Da qui vengono trasferiti al carcere, dove rimangono fino al 29 dello stesso mese, quando inaspettatamente vengono rilasciati. È da questo momento che si sviluppano storie diverse che porteranno molti all’ora suprema del martirio.

Casa di Valenza

Giuseppe Calasanz Marqués, sacerdote
Presiede il gruppo dei martiri perché egli era allora l’ispettore (ossia Provinciale) della Provincia salesiana Tarraconense, che comprendeva 14 Case con 249 confratelli.
Nacque ad Azanuy (provincia di Huesca) da una famiglia contadina, il 23 novembre 1872. Fu battezzato lo stesso giorno. Ricevette il sacramento della Confermazione il 7 giugno 1874. Divenuto orfano, se ne prese cura una sua sorella che si trovava a Barcellona come “domestica” della famiglia Fontcuberta. Fu questa famiglia ad assumersi le spese necessarie perché il ragazzo potesse entrare nel collegio salesiano di Sarriá. Questo avvenne nel 1884. Lì ebbe la fortuna di conoscere lo stesso San Giovanni Bosco, nel 1886; una conoscenza che incise moltissimo sul suo spirito.
Entrò nella Congregazione salesiana come novizio il 1° settembre 1889 e ricevette la veste talare dal Beato Filippo Rinaldi. Fece la professione perpetua il 1° settembre 1890. Fu ordinato sacerdote il 21 dicembre 1895. Era il primo salesiano spagnolo a diventare prete. Dopo aver esercitato il ministero sacerdotale per 20 anni, nel 1916 fu inviato a Cuba con l’incarico di organizzare le opere salesiane nelle Antille. Dopo sei anni fu nominato ispettore in Perù e in Bolivia. Nel 1925 fu richiamato in Spagna e nominato ispettore della provincia Tarraconense: ufficio che ricoprì fino alla morte.
Don José Calasanz incarnò in se stesso molto bene lo spirito salesiano per la sua dolcezza. Era per questo molto amato da tutti. Il suo modo di governare fu qualificato come frutto di fermezza e nello stesso tempo di paternità, il che lo faceva ritenere “un altro don Bosco”. Ebbe una grande bontà di cuore e una somma delicatezza nel tratto.
Stava predicando gli Esercizi spirituali ai confratelli di Valenza, quando nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936 fu arrestato e incarcerato insieme a tutta la comunità. Una settimana dopo, tutti furono rimessi in libertà. Dopo aver dato a ciascuno il necessario, invitò a trovare un rifugio sicuro e ad affidarsi alla Provvidenza. Il 29 luglio 1936 egli venne fermato e condotto nella sede del Comitato rivoluzionario, assieme ad altri due confratelli. Nella valigia del padre Calasanz i miliziani scoprirono una sottana: “Sono preti – dissero – e dobbiamo ammazzarli”. Infatti, richiesto se fosse sacerdote, rispose: “Sì, sono sacerdote salesiano”. I detenuti furono fatti salire su un camion per essere condotti alle carceri di Valenza. Durante il percorso uno dei miliziani, che gli teneva spianato il fucile sul volto, gli sparò a bruciapelo un colpo. Don Calasanz disse: “Dio mio!” e cadde esanime in un mare di sangue.

Antonio Maria Martín Hernández, sacerdote
Nato a Calzada de Béjar (provincia di Salamanca) il 18 giugno 1885, fu battezzato sei giorni dopo. Entrò nel collegio salesiano di Salamanca il 2 novembre 1910 e nel noviziato di Carabanchel il 28 luglio 1912. Emise i voti triennali il 29 luglio 1913 (rinnovati nel 1915) e i voti perpetui il 22 luglio 1918. Fu ordinato sacerdote a Madrid il 20 dicembre 1919. Ancora studente di teologia, era assistente dei novizi e teneva lezioni ai baccellieri. Nel 1922 fu nominato maestro dei novizi; in seguito fu direttore prima a Barcellona (1927-1934) e poi a Valenza fino alla morte (1934-1936). I testi ricordano don Antonio per il suo zelo nell’insegnamento e come grande educatore e formatore di giovani. Sotto l’aspetto religioso fu una persona pia, esemplare e un grande apostolo del Sacro Cuore.
Fu fatto prigioniero a Valenza la notte tra il 20 e il 21 luglio 1936 insieme ai confratelli riuniti per gli esercizi spirituali. Dopo una settimana anche lui fu rimesso in libertà, come tutti gli altri. Trovò rifugio presso una famiglia, dove trascorreva il tempo in preghiera. Scoperto il 3 settembre, fu nuovamente messo in prigione. La sera dell’Immacolata fu prelevato insieme con altri quattro Salesiani. Alle quattro del mattino aprirono la cella e chiamarono il “compagno” Antonio Martín Hernandez. Egli rispose: “Eccomi, per servirli…”. Alzò gli occhi, congiunse le mani e pronunciò queste parole: “Andiamo, Signore, al sacrificio”. Fu ucciso al Picadero de Paterna (Valenza) il 9 dicembre 1936.

Recaredo de los Ríos Fabregat, sacerdote
Nato a Bétera (provincia di Valenza) l’11 gennaio 1893, fu battezzato il 22 dello stesso mese. Entrato nel collegio salesiano di Valenza il 1° novembre 1900, fu ammesso al noviziato il 12 settembre 1907. Emise i voti triennali il 18 marzo 1909 e la professione perpetua il 6 settembre 1914. Fu ordinato sacerdote il 23 giugno 1917. Per cinque anni esercitò il ministero sacerdotale a Campello tra gli aspiranti. Nell’autunno del 1922 fu nominato direttore della casa di Villena e nel 1927 in Sella di Alicante, dove rimase fino al 1931 quando la casa fu incendiata e i Salesiani si dispersero. Gli ultimi cinque anni lavorò a Valenza (1931-1936), dove nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936 fu fatto prigioniero e poi liberato. I testimoni lo ricordano per la sua pietà, purezza, umiltà e come persona molto pia e mortificata; era amante della povertà e molto amato dai suoi giovani.
Il 3 settembre fu fatto nuovamente prigioniero e portato nel carcere di Valenza. Verso le quattro del mattino del 9 dicembre gli fu comandato di unirsi al gruppo al centro del carcere. Nel ricevere quell’ordine egli capì ed esclamò: “Si va al sacrificio”. Chiese l’assoluzione al proprio compagno di cella, prima di unirsi ai suoi compagni. Furono portati su un camion al Picadero de Paterna, dove egli fu fucilato quella stessa mattina (9 dicembre 1936).

Giuliano Rodríguez Sánchez, sacerdote
Nato a Salamanca il 16 ottobre 1896, fu battezzato il 22 dello stesso mese. Ricevette il sacramento della Confermazione il 16 maggio 1897. Dopo quattro anni di seminario conobbe i Salesiani, e il 19 settembre 1913 entrò come aspirante a Campello. Fu ammesso al noviziato il 24 luglio 1916, emise i voti triennali il 25 luglio 1917 (rinnovati il 6 settembre 1920) e la professione perpetua il 28 agosto 1923. Fu ordinato sacerdote il 14 giugno 1930. I testi parlano di lui come di persona pia, umile e servizievole, fedele agli impegni della vita religiosa, buono con i ragazzi e molto semplice, dotato di grande bontà e di delicatezza nel tratto.
Fu fatto prigioniero la notte tra il 20 e il 21 luglio 1936. Una settimana dopo fu rimesso in libertà. Dal 29 luglio al 9 settembre visse presso amici e benefattori. Temendo di comprometterli, il 9 settembre si presentò spontaneamente alle autorità. Rinchiuso nel carcere di Valenza, fu fucilato all’alba del 9 dicembre 1936. Finita la guerra, grazie al registro del cimitero dove ne figurava il nome si riuscì a identificare i suoi resti mortali.

Giuseppe Giménez López, sacerdote
Nato a Cartagena il 31 ottobre 1904, fu battezzato il 5 novembre dello stesso anno. Entrò nel collegio salesiano di Alicante il 14 settembre 1921 e fu ammesso al noviziato il 19 luglio 1924. Emise i voti triennali l’8 dicembre 1926 e quelli perpetui l’8 dicembre 1929. Fu ordinato sacerdote il 17 giugno 1934. Nei suoi due anni di sacerdozio (1934-1936), don Giuseppe esercitò l’ufficio di catechista nel collegio di Alcoy. “Era molto umile e, nonostante il suo carattere violento, si vinceva fortemente”.
Fatto prigioniero nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936, fu presto liberato. Dopo essere andato vagando per vari giorni, il 14 agosto fu nuovamente arrestato. Fu ucciso al Picadero de Paterna all’alba del 9 dicembre 1936 e seppellito nel cimitero di Valenza.

Augusto García Calvo, coadiutore
Nato a Santander il 3 febbraio 1905, entrò nel collegio salesiano il 1° settembre 1912 e fu ammesso al noviziato come coadiutore il 24 agosto 1922, all’età di 17 anni. Emise i voti triennali il 28 agosto 1923 (rinnovati il 6 dicembre 1926 e nel 1930), e la professione perpetua il 30 luglio 1933. I testimoni parlano di Augusto come di persona semplice e obbediente, che accettava con entusiasmo tutti i lavori che gli venivano affidati, per quanto faticosi fossero. Era molto pio e ricco di spirito di sacrificio.
Avendo avuto l’occasione di uscire dal carcere, non volle farlo; preferì seguire la sorte dei confratelli. Fu ucciso al Picadero de Paterna il 9 dicembre 1936, e seppellito nel cimitero di Valenza.

Giovanni Martorell Soria, sacerdote
Nato a Valenza il 1° settembre 1889, fu battezzato quattro giorni dopo (5 settembre 1889). Entrò nel collegio salesiano di Valenza il 1° dicembre 1908. Ammesso al noviziato il 26 luglio 1913, emise i voti triennali il 28 luglio 1914 e i voti perpetui il 25 agosto 1917. Ordinato sacerdote il 26 agosto 1923, si consacrò con ardore alla salvezza delle anime. Fu parroco zelante a Valenza: curò molto la catechesi, fu padre dei poveri, visitò assiduamente gli ammalati. Da tutti era ritenuto un santo.
Fatto prigioniero a Valenza nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936, e quindi liberato, fu nuovamente arrestato e sottoposto a estenuanti interrogatori, crudelmente torturato e ucciso il 10 agosto 1936 davanti al collegio. Il suo cadavere non è stato rinvenuto.

Giacomo Buch Canal, coadiutore
Nato a Bescanó (Girona) il 9 aprile 1889, fu battezzato due giorni dopo. Entrò nel collegio salesiano il 10 novembre 1903; fu ammesso al noviziato il 12 agosto 1908, emise i voti triennali il 5 settembre 1909 e i voti perpetui il 5 settembre 1912. I testimoni ne parlano come di una persona buona e virtuosa; possedeva grande spirito di carità, sempre disponibile a lavorare e a fare dei favori.
Dal 1914 al 1931 fece parte della comunità di Alicante. Incendiata quella casa, fu trasferito prima a Tibidabo e poi nel 1933 a Valenza, dove lo sorprese la rivoluzione durante gli esercizi spirituali nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936. Liberato, il giorno seguente fu nuovamente fatto prigioniero e assassinato nei pressi di Valenza il 31 luglio 1936.

Pietro Mesonero Rodríguez, chierico
Nato ad Aldearrodrigo (provincia e diocesi di Salamanca) il 29 maggio 1912, fu battezzato una settimana dopo (5 giugno 1912) e ricevette il sacramento della Confermazione il 14 aprile 1916. Entrò nell’aspirantato salesiano di Campello nel mese di maggio 1924. Ammesso al noviziato il 26 luglio 1930, emise i voti triennali il 3 agosto 1931. Rinnovati i voti triennali il 24 agosto 1934, fu destinato a Valenza per la pratica pedagogica. Soffrì con serenità i suoi non pochi malanni fisici che gli fecero interrompere gli studi. Nutrì grande entusiasmo per le missioni. I testimoni lo definiscono un uomo molto obbediente.
Fatto prigioniero nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1936 e uscito dal carcere il 29 luglio, cercò rifugio presso amici, ma fu nuovamente incarcerato e assassinato nelle vicinanze di Torrent (Valenza), in una località denominata “El Vedat”, nel mese di agosto 1936.

Casa di Alcoy

Giuseppe Otín Aquilué, sacerdote
Nato a Huesca il 22 dicembre 1901, fu battezzato il 31 dello stesso mese. Entrò in noviziato il 21 luglio 1918. Emise i voti perpetui il 7 giugno 1925. Fu ordinato sacerdote il 7 giugno 1928. Quando fu fatto prigioniero, si trovava nella casa di Alcoy. I testimoni dicono che, per le sue virtù e la simpatia che ispirava, questo Salesiano fosse molto caro ai suoi alunni. Era un grande lavoratore e di spirito allegro.
Fedele al proprio ufficio di direttore supplente del collegio, non volle abbandonarlo fino a quando non fu preso d’assalto. Rifugiatosi in casa di suo fratello, vi rimase fino agli ultimi giorni del novembre 1936. Quando suo fratello e la sorella religiosa furono arrestati, cercò rifugio in una locanda della Calle. Qui, avendolo visto recitare il Rosario e sospettando che fosse sacerdote, fu arrestato e immediatamente assassinato. Il cadavere non fu ritrovato. Il Martirologio lo ricorda il 30 novembre.

Alvaro Sanjuán Canet, sacerdote
Nacque ad Alcocer de Planes (provincia di Alicante, diocesi di Valenza) il 26 aprile 1908. Entrato nell’aspirantato salesiano di Campello il 14 agosto 1919, fu ammesso al noviziato il 19 luglio 1924. Emise i voti triennali il 19 luglio 1925 e i perpetui il 21 maggio 1933. Fu ordinato sacerdote il 26 maggio 1934, dopo aver frequentato gli studi teologici nell’Istituto Internazionale Don Bosco di Torino. Tornato in Spagna e destinato al collegio di Alcoy come Direttore degli studi, si guadagnò la stima e l’affetto dei giovani e delle loro famiglie per le sue virtù, per lo spirito di sacrificio e la sua generosità. Sue caratteristiche furono l’umiltà e l’obbedienza. Era sempre disposto ad accettare la volontà di Dio con gioia e grande semplicità.
Chiusa la casa di Alcoy, don Alvaro si rifugiò a Cocentaina in casa dei suoi genitori. Qui fu arrestato il 26 settembre da tre miliziani provenienti da Alcoy e portato nel carcere provvisorio di Alcoy (convento delle Ancelle), dove rimase cinque giorni, cioè fino a quando lo prelevarono per ucciderlo. Secondo la testimonianza di un sacerdote, don Alvaro fu ucciso il 2 ottobre 1936 insieme con un altro giovane. Il cadavere fu trovato crivellato di pallottole lungo la strada tra Puente la Higuera e Yecla nel territorio di Villena. Fu seppellito nel cimitero di Villena.

Gruppo di Barcellona: 21 martiri

Casa di Sarriá

Francesco Bandrés Sánchez, sacerdote
Nato a Hecho (Huesca) il 24 aprile 1896, fu battezzato il 4 maggio. Entrato nel collegio salesiano di Huesca il 15 settembre 1905, fu ammesso al noviziato il 28 luglio 1912. Emise i voti triennali il 6 gennaio 1914 (rinnovati nel 1917), e quelli perpetui il 27 agosto 1920. Fu quindi ordinato sacerdote il 20 luglio 1922. Fu direttore e come tale fu molto stimato e molto amato dai giovani perché profondamente paterno. Aveva fermezza di carattere e grande spirito religioso.
Dopo aver aiutato gli altri a passare la frontiera, cercò asilo in casa di sua sorella. Un testimone ricorda che gli preparò il passaporto per partire per l’Italia. Arrestato il 3 agosto 1936 intorno alle 10,30 di sera, fu portato via violentemente. Secondo notizie riferite da un alunno, a don Francisco fu legata una pietra al collo e fu gettato in mare.

Sergio Cid Pazo, sacerdote
Nato ad Allariz (provincia e diocesi di Orense) il 24 aprile 1886, fu battezzato due giorni dopo (26 aprile). Ricevette il sacramento della Confermazione il 16 settembre 1888. Entrato nel collegio salesiano di Sarriá il 22 dicembre 1902, fu ammesso al noviziato il 1° ottobre 1904. Emise i voti triennali il 3 febbraio 1906 e quelli perpetui il 6 marzo 1909. Fu ordinato sacerdote il 21 dicembre 1912. Esercitò il ministero sacerdotale quasi sempre a Barcellona con l’incarico di direttore spirituale dei giovani studenti. Si distinse nell’impegno di preparare i fanciulli alla Prima Comunione e alla Confessione, oltre che per lo zelo nel predicare la Parola di Dio. I testimoni ne sottolineano la grande pietà, l’umiltà e la mansuetudine. Era opinione comune che fosse un santo.
Quando nel 1936 fu costretto ad abbandonare il collegio, si rifugiò in casa di un amico. Pochi giorni dopo, mentre viaggiava in tram recitando il Rosario, fu riconosciuto e, avendo dichiarato di essere sacerdote, lo precipitarono giù dal tram che correva a tutta velocità, dicendogli: “Muori, cane!”. Era il 30 luglio 1936.

Giuseppe Batalla Parramó, sacerdote
Nato ad Abella (provincia di Lérida, diocesi di Urgel) il 15 gennaio 1873. Il 6 ottobre 1893, all’età di 20 anni, entrò nel collegio salesiano di Sarriá con l’intenzione di farsi salesiano. Ammesso al noviziato il 3 dicembre 1893, emise i voti perpetui il 7 dicembre 1894. Fu ordinato sacerdote il 22 settembre 1900. Dal 1909 al 1936 esercitò il ministero sacerdotale nel collegio di Sarriá come confessore e come addetto all’assistenza degli infermi. Si distinse per la carità e la pazienza. Da tutti era ritenuto un vero padre. Visse sempre per Dio e per i malati.
Sopraggiunta la rivoluzione, in un primo tempo rimase in collegio per assistere i confratelli. Alla fine di luglio fu costretto ad allontanarsi. Non avendo una meta fissa, dormiva nei parchi pubblici. Il 4 agosto 1936 fu preso dai miliziani e fu barbaramente assassinato. Il cadavere fu riconosciuto da uno dei suoi parenti.

Giuseppe Rabasa Bentanachs, coadiutore
Nato a Noves de Segre (provincia di Lérida, diocesi di Urgel) il 26 giugno 1862. Sentendosi chiamato alla vita religiosa, chiese di essere accolto tra i Salesiani come coadiutore. Entrò in noviziato l’8 dicembre 1891. Emise i voti perpetui il 7 dicembre 1892. Quando entrò in Congregazione, distribuì ai poveri tutti i risparmi accumulati da inserviente: “Il mio denaro per i poveri e la mia persona per i giovani”. In comunità esercitò l’ufficio di cuoco. Era molto umile, laborioso e dotato di un grande spirito di pietà. Trascorse gli ultimi anni quasi continuamente in chiesa a pregare.
Durante la rivoluzione, Giuseppe Rabasa e Giuseppe Batalla rimasero nel collegio vari giorni, assistendo i feriti che venivano portati in una sala del collegio, convertita in infermeria. Ma il 31 luglio 1936, essendo stato chiuso quell’ospedale di fortuna e non essendovi più ragione che continuassero a rimanere nel collegio, ne furono espulsi. Giuseppe si ritrovò all’improvviso in mezzo alla strada. Arrestato, fu ucciso il 4 agosto 1936. Il suo cadavere fu identificato dal Sig. Obré, che lavorava nella falegnameria.

Gil Rodicio Rodicio, coadiutore
Nato a Requejo (Orense) il 20 marzo 1888, fu battezzato il giorno seguente. Entrato il 7 gennaio 1904 nel collegio di Sarriá come fornaio, fu ammesso al noviziato il 16 luglio 1907. Emise i voti triennali il 31 agosto 1908, rinnovati nel 1911, e la professione perpetua l’8 agosto 1914. Per 25 anni fu panettiere. Da tutti era ritenuto un modello di pietà e di osservanza religiosa. Ebbe non poche sofferenze, che sapeva però nascondere. Amava la vita salesiana e, nella sua semplicità, diceva che era la migliore del mondo.
Scoppiata la rivoluzione, si ritirò in casa di un ex-alunno. “Domandava continuamente a Dio che gli concedesse il martirio nella maniera più crudele, onde riparare i danni che facevano i persecutori”. Il 4 agosto 1936, verso le 10 di sera si presentò una pattuglia di miliziani, mentre egli era solo in casa. Avendo capito che cercavano lui, si offrì spontaneamente, come poi riferì un vicino di casa. Portato via, fu assassinato e il cadavere fu trovato il giorno seguente nell’ospedale.

Angelo Ramos Velázquez, coadiutore
Nato a Siviglia il 9 marzo 1876. Nel 1891 conobbe le scuole professionali salesiane di Barcellona-Sarriá, dove il 26 settembre 1894 entrò come scultore. Entrò in noviziato il 1° ottobre 1895. Emise i voti perpetui il 23 agosto 1897. Dotato di eccellenti attitudini alla pittura, fu destinato alla scuola di decorazione, lavoro che esercitò per 29 anni. La sua vita fu sempre quella di un religioso modello. Viene ricordato come apostolo dell’allegria, come artista a servizio dell’educazione, molto pio, e anche per il suo modo delicato di trattare.
Scoppiata la rivoluzione, trovò rifugio in una pensione, dove edificò tutti. Qui trascorse indisturbato i mesi di agosto e settembre. Denunziato da un ex alunno, l’11 ottobre 1936 fu arrestato da una pattuglia di miliziani e ucciso. Prima di lasciare la pensione, perdonò il delatore. Non sono stati ritrovati i suoi resti mortali.

Filippo Hernández Martínez, chierico
Nato a Villena il 14 marzo 1913. Già alunno dei Salesiani a Villena, fu ammesso al noviziato il 27 settembre 1929. Emise i voti triennali il 1° agosto 1930 e li rinnovò nel 1933. Terminati gli studi filosofici, fu inviato a Ciudadela per il triennio di tirocinio (1932-1935). I testimoni lo ricordano come religioso allegro e umile, fedele ai propri doveri religiosi. Per la sua semplicità e amorevolezza si faceva amare da tutti. Era considerato un chierico modello.
La rivoluzione lo sorprese a Barcellona al termine del terzo anno di teologia. Cercò rifugio in una pensione, ma il 27 luglio 1936 fu scoperto. Accertato che si trattava di un religioso, nella notte fu torturato a morte dai miliziani. Il suo cadavere fu ritrovato la mattina seguente con il cranio sfracellato.

Zaccaria Abadía Buesa, chierico
Nato ad Almuniente (Huesca) il 5 novembre 1913, fu battezzato l’11 dello stesso mese. Fece la Prima Comunione nel collegio dei Salesiani, dove viveva come interno, per interessamento di suo fratello don Federico, anch’egli Salesiano. Desideroso di diventare pure lui Salesiano, da Huesca passò a Campello come aspirante. Qui si distinse per lo studio e per la pietà. Ammesso al noviziato il 27 luglio 1929, emise i voti triennali il 1° agosto 1930, per rinnovarli il 9 aprile 1933; e quelli perpetui il 10 agosto 1934. Negli anni 1930-1933 frequentò a Girona non solo la filosofia, ma anche il magistero, concludendo lodevolmente gli studi. Per il triennio di tirocinio fu trasferito a Sarriá. Un suo compagno lo ricorda come persona semplice, pia, laboriosa e di spirito di sacrificio. Il fratello salesiano, don Federico, riferisce che nei primi anni della rivoluzione quando, terminato il triennio pedagogico, stava per tornare nello studentato teologico per prepararsi al sacerdozio, il 21 luglio, cercarono entrambi rifugio presso un amico. Indecisi sulla strada da prendere, furono avvicinati da un’auto della polizia. Riconosciuti come religiosi, furono portati in carcere. Rimessi in libertà una settimana dopo (27 luglio 1936), i due fratelli si divisero.
Zaccaria cercò rifugio presso un ex alunno di Sarriá. Fu però portato via, insieme con altri due, in quella stessa notte del 27 luglio. Fu torturato, assassinato e abbandonato con il cranio sfracellato.

Giacomo Ortiz Alzueta, coadiutore
Nato a Pamplona il 24 maggio 1913, fu battezzato il giorno seguente. Ricevette il sacramento della Confermazione il 2 aprile 1914. Entrato nel collegio del Salesiani a Pamplona il 1° settembre 1927, fu ammesso al noviziato l’8 agosto 1931. Emise i voti triennali il 15 agosto 1932 e quelli perpetui il 23 agosto 1935. Fu inviato a Torino per un corso di perfezionamento. Di ritorno fu destinato alle scuole professionali di Barcellona-Sarriá come capo meccanico. Afferma un testimone: “Nel periodo che passò con me, fu un angelo e un apostolo. Metteva grande zelo apostolico nelle sue lezioni pratiche di lavoro, e faceva sì che il tirocinio si svolgesse in un ambiente di grande santità”.
Il 27 luglio 1936, nelle prime ore del pomeriggio, mentre cercava un alloggio, fu arrestato, sottoposto dai miliziani a un duro interrogatorio e secondo la testimonianza della sorella, suor Mercedes, fu fucilato nello stesso giorno. Il cadavere fu portato all’ospedale di San Paolo e poi al cimitero Sant’Andrea il 28 luglio 1936.

Saverio Bordas Piferrer, chierico
Nato a San Pol de Mar (provincia di Barcellona, diocesi di Girona) il 24 settembre 1914, fu battezzato una settimana dopo, il 1° ottobre 1914. Entrato nel collegio dei Salesiani di Mataró il 1° ottobre 1920, cominciò il noviziato il 22 ottobre 1931. Emise i voti triennali il 4 novembre 1932; voti rinnovati a Roma nel 1935, dove era stato inviato per motivi di studio.
Tornato a Barcellona per le vacanze estive del 1936, fu sorpreso dalla rivoluzione. Riconosciuto quale religioso, fu arrestato dai miliziani. Avuta conferma della sua condizione, fu fucilato la notte del 24 luglio in luogo solitario. Si possiede la foto del suo cadavere.

Felice Vivet Trabal, chierico
Nato a San Feliu de Torelló (Barcellona) il 23 gennaio 1911. Entrato nel collegio di Rocafort nel 1922, fu ammesso al noviziato a Sarriá il 3 agosto 1927. Emise i voti triennali il 6 agosto 1928, rinnovati nel 1931 e nel 1933, e i voti perpetui in Girona il 31 luglio 1934. Nell’ottobre del 1934 fu inviato a Roma per studiare teologia alla Gregoriana. Nel mese di luglio del 1936 ritornò a Barcellona per le vacanze. Scoppiata la rivoluzione, si rifugiò presso i genitori. Riferisce la madre: “Godeva simpatia tra la gente del paese, veniva a Barcellona a ricevere i sacramenti che si amministravano di nascosto, recitava il santo Rosario in famiglia; mai tentò di fuggire o di nascondersi, e le sue parole erano sempre di accettare la volontà di Dio”.
Fu fatto prigioniero con il padre e con suo fratello maggiore. Interrogati, furono rilasciati, ma la sera del 25 agosto 1936 – è ancora la mamma a testimoniarlo – un gruppo di miliziani irruppe nella loro casa e li imprigionò tutti e tre. Furono fucilati in luogo solitario presso Esplugues e sepolti insieme nel cimitero di Sants.

Michele Domingo Cendra, chierico
Nato a Caseres (provincia di Tarragona) il 10 marzo 1909, fu battezzato il giorno seguente, l’11 marzo. Completati gli studi a Campello, il 3 agosto 1927 fu ammesso al noviziato. Emise i voti triennali il 6 agosto 1928 e quelli perpetui il 31 luglio 1934. Completati gli studi filosofici, fu inviato a Mataró per il triennio di tirocinio. La sua vita fu quella di un giovane semplice, umile e molto laborioso.
La rivoluzione lo sorprese a Barcellona-Sarriá dopo il secondo anno di teologia. Si trovava presso amici quando, riconosciuto come religioso, fu arrestato l’11 agosto 1936 e ucciso il giorno seguente in un luogo solitario. Gli spararono alle spalle e lo gettarono in un burrone. Dopo la liberazione, i suoi resti furono esumati e trasferiti al cimitero di Caseres.

Casa del Tibidabo

Giuseppe Caselles Moncho, sacerdote
Nato a Benidoleig (provincia di Alicante) l’8 agosto 1907. Ammesso al noviziato il 15 luglio 1926, emise i voti triennali il 5 agosto 1927, rinnovati nel 1932, e i voti perpetui il 24 agosto 1933. Fu ordinato sacerdote il 21 maggio 1936. I testimoni ricordano don Giuseppe come persona pia e fedele agli impegni della vita religiosa. La sua dolcezza nel tratto faceva pensare a don Bosco. Pur non avendo grandi doti, possedeva però una grande bontà.
Costretto dagli eventi, don Giuseppe cercò rifugio presso amici. Durante questo periodo diede testimonianza di grande pace e serenità. La mattina del 27 luglio 1936 uscì di casa per andare a proteggere alcuni dei ragazzi, alunni del Tibidabo. Fu testimoniato: “Egli lasciò i ragazzi alla porta di casa mia per salire un istante, e allora essi furono arrestati; avvisato della cosa, don Giuseppe, malgrado che noi lo avvertissimo del pericolo di seguire i ragazzi, non volle abbandonarli, sicché scese di nuovo in strada e li seguì, per cui fu arrestato dagli stessi miliziani che avevano arrestato i ragazzi”. Fu ucciso nella notte dello stesso 27 luglio. Il corpo fu trovato nell’ospedale.

Giuseppe Castell Camps, sacerdote
Nato a Ciudadela (Menorca) il 12 ottobre 1901, fu battezzato il giorno seguente, 13 ottobre. Entrato nel collegio salesiano di Ciudadela nel 1909, fu ammesso al noviziato il 20 luglio 1917. Emise i voti triennali il 22 luglio 1918, rinnovati nel 1921, e i voti perpetui il 3 aprile 1924. Fu ordinato sacerdote il 19 giugno 1927. Dopo l’ordinazione s’impegnò nell’insegnamento e nel ministero sacerdotale. I testimoni lo ricordano come persona pia, laboriosa, mortificata e delicata nel tratto. Si distingueva per l’amore alla preghiera e per la devozione al Sacro Cuore. Era un buon predicatore.
La rivoluzione lo sorprese al Tibidabo presso il Tempio Nazionale del Sacro Cuore di Gesù. Si nascose in una casa privata, presso amici. Il 28 luglio 1936 fu tratto in arresto, portato via e fucilato quella stessa notte nei pressi di Barcellona. Il cadavere fu trovato nell’ospedale.

                                                                                       

                                                                                PREGHIERA

Ti ringraziamo, o Dio nostro Padre,
perché hai sostenuto fino alla testimonianza suprema
i Beati Giuseppe Calasanz Marqués e 31 compagni
e i Beati Enrico Saiz Aparicio e 62 compagni,
martiri della Famiglia Salesiana della Spagna.
Essi hanno versato il loro sangue
per amore tuo e della Chiesa.
Ti preghiamo, concedici,
per il loro esempio e la loro intercessione,
di rispondere generosamente alla tua chiamata,
fino al dono totale della nostra vita.
Per loro intercessione ti chiediamo la grazia di…
Per Cristo nostro Signore. Amen.