Maria Romero nasce il 13 gennaio 1902 a Granada di Nicaragua da Félix Romero Arana e da Ana Meneses Blandón, entrambi di antica ascendenza spagnola. Il padre, attraverso una rapida carriera amministrativa, è giunto alla carica di ministro del governo liberale. Nella famiglia di ceto borghese la piccola Maria cresce felice con altri sette fratelli, sopravvissuti ai tredici figli di Ana Meneses, godendo del tenero amore dei genitori, e dei racconti e della predilezione della nonna materna inferma. La prima istruzione le è impartita dalle sette zie materne nella scuola privata da loro gestita; contemporaneamente è avviata al disegno e alla pittura, iniziando lo studio di violino e di pianoforte, con eccellenti maestri che coltivano con successo la sua spiccata inclinazione alla musica.

All’età di otto anni vive con intensità, dopo tre giorni di esercizi spirituali, la festa della Prima Comunione e a dodici anni si iscrive alla scuola delle Figlie di Maria Ausiliatrice giunte da un anno in Nicaragua in una sede di fortuna; ma è costretta a ripetuti periodi di assenza per assalti di febbre reumatica che la immobilizzano a letto con progressivo aggravamento e serio rischio della vita. In quest’occasione si rivela la volontà già matura e la tempra morale dell’adolescente, che riesce a considerare “doni di Dio” i forti dolori che la affliggono. Una compagna di scuola, che la visita spesso, la trova un giorno come “illuminata dall’interno” e si sente dire: “So che la Vergine santa mi guarirà”. Infatti, dopo qualche giorno può alzarsi e tornare a scuola nonostante la prostrazione di sei mesi di malattia.

Nel collegio, che grazie a una sapiente organizzazione prende rapido sviluppo, Maria segue regolari lezioni di musica e di lingua straniera, oltre a ricevere una formazione globale impostata sul Sistema preventivo di don Bosco, che inciderà in modo duraturo su tutta la sua vita. Grande significato assume nella maturazione di Maria l’opera del confessore e direttore spirituale don Emilio Bottari, Salesiano missionario illuminato e fermo nella guida delle anime.

L’8 dicembre 1915 Maria s’iscrive tra le Figlie di Maria e “gode di una di quelle gioie che non hanno nome”, nell’affidarsi con piena fiducia alla santa Madre di Dio. Intimamente presa dall’amore di Dio, poco più tardi decide di donarsi interamente al Signore e davanti al SS.mo Sacramento il suo confessore riceve il suo voto di castità. Con tali disposizioni avverte che la vocazione religiosa, come ricorderà in seguito, “si radicava nella sua anima sempre più fortemente”. Risale a questo periodo una singolare “prima esperienza mistica” dell’adolescente Maria, che un giorno abbracciando la sorella maggiore le confidava commossa: “Ho visto la Madonna, ma non dirlo a nessuno”.

Finalmente all’età di diciotto anni può coronare il suo sogno ed entrare nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Il sacerdote-direttore saluta Maria con una raccomandazione incisiva: “Verranno momenti difficili e potrà accadere che ti senta come sbranata a bocconi; ma sii sempre fedele e ferma nella tua vocazione”. Parole d’oro, che Maria ricorderà spesso nei numerosi “momenti difficili” di cui la vita le sarà prodiga.

Con un tale programma, vissuto in un cammino di crescente intimità con Gesù “suo Re” e con Maria “sua Regina”, Maria Romero si prepara alla consacrazione religiosa dopo due anni di noviziato a Santa Tecla, in Salvador: 6 maggio 1923. Da quel giorno rinnoverà quotidianamente la totale donazione al Signore, con una formula ampliata e personalizzata che si conclude così: “Rinnovo i miei voti nel tuo amore, con il tuo amore, per tuo amore”. Nel 1929 suor Maria emette i voti “in perpetuo”.

Nel 1931 è trasferita a San José di Costa Rica, che diverrà sua seconda patria. Per due anni affianca la Maestra di noviziato, poi riprende l’insegnamento: musica, disegno e dattilografia, che alterna alla catechesi per i ragazzi dei quartieri periferici della città. Poco efficiente nel “tenere la disciplina”, intesa come silenzio e ordine ineccepibile (ed è lei la prima a riconoscerlo e a ironizzare su questo suo limite), è però capace di catturare l’uditorio quando parla, dall’abbondanza del cuore, dell’amore di Gesù, del valore dell’istruzione religiosa, della materna assistenza di Maria Santissima. “Alla sua presenza si percepiva l’azione dello Spirito Santo”, ricordano alcune alunne, che miglioravano spontaneamente la propria vita, tanto da divenire sue aiutanti e collaboratrici. Iniziano così nel 1934 le attività catechistiche e missionarie delle giovani misioneritas: le studentesse da lei formate e conquistate alla causa con grande dedizione si spingono nelle periferie urbane e poi nei villaggi più decentrati. Visitano e soccorrono povere famiglie, annunciando la verità cristiana a gente che la vita della città ha emarginato, o che nell’isolamento e in condizioni subumane si sono abbrutite.

La carità di suor Maria non conosce confini di spazio e di tempo: tende a espandersi continuamente in forme nuove. Dopo avere creato l’opera degli oratori nei sobborghi (1945), dal 1953 prende a distribuire regolarmente ogni settimana pacchi di alimenti ai poveri, mobilitando la carità delle famiglie abbienti che mette in contatto attraverso la scuola: dapprima nel collegio stesso, poi dal 1959 in una piccola casa costruita a poca distanza in un’antica piantagione di caffè. Si tratta di ovviare a non poche “difficoltà ambientali” derivate dalla frequenza degli indigenti negli ambienti del collegio e della scuola.

Per istruire e formare le povere ragazze che l’egoismo dei grandi trascura o abbandona, o sfrutta senza scrupoli, occorrono ambienti capaci in cui ospitarle, offrendo loro corsi d’istruzione e qualificazione professionale. Questi inizieranno nel 1961 nella piccola casa, presto arricchita da una capace cappella: bella, grande e subito affollata a turno da varie categorie di persone, attratte dal suo cuore apostolico. Per tutti costoro dal 1965 s’iniziano regolarmente turni di esercizi spirituali: dapprima per quanti avendo sposato la sua causa a favore degli indigenti collaborano gratuitamente alle varie attività; poi per altre persone di ogni età e categoria, a partire dalle “signore dell’aiuto”, come suor Maria chiama le mamme di famiglia e altre donne raggiunte dalla sua beneficenza, alle quali richiede minime prestazioni simboliche di collaborazione alle attività della casa.

Per tutelare poi la salute di quanti sono privi di assistenza medica e di qualunque provvidenza suor Maria progetta nientemeno che un poliambulatorio con varie specializzazioni: sembrano cose impossibili, ma suor Maria “sa” che la Madonna s’incaricherà di tutto. La realizzazione iniziale di questo progetto, con la partecipazione gratuita di personale medico-specialistico e l’offerta delle attrezzature necessarie, si colloca negli anni 1966-1967.

Una parentesi importante nella vita di suor Maria Romero è costituita dal suo viaggio in Italia, da luglio a ottobre del 1969: “Avvenimento incancellabile”, scrive, che le offre un’esperienza ravvicinata del carisma di don Bosco; e poi la “grandissima gioia” di un incontro personale con il santo padre Paolo VI, al quale chiede benedizioni per tanti e tanti casi disperati che porta in cuore, e per i molti nomi che tiene fra le mani in lunga lista. Fra le consorelle che incontra, in varie case dell’Istituto, dove la Superiora generale la invita a raccontare la propria esperienza, lascia tracce di spirito missionario autentico, di amore alla Chiesa, di “pazzo amore” per la Madonna, che ha visitato con intima commozione nella “Santa Casa” di Loreto.
Quando le attività del dispensario sono entrate in pieno ritmo suor Maria si preoccupa di “guarire” anche altri tipi di malanni giovanili, accogliendo e andandovi personalmente a cercare quelle povere figliole della strada che hanno nella fame una pessima consigliera. La “Scuola di orientamento sociale” trae inizio da un miracolo che Maria Ausiliatrice, invocata con filiale confidenza da suor Maria, ha impetrato a favore di una bimbetta colpita da leucemia acuta. La bimba è figlia di un ricco industriale e sarà proprio lui a offrire per primo le macchine e le attrezzature per la scuola nella quale, nel volgere di una ventina di anni, si conteranno a migliaia le ragazze salvate, preparate e successivamente avviate alla fabbrica. La loro presenza trasformerà l’ambiente della fabbrica, divenendo scuola per altre giovani operaie.

Intanto suor Maria è presa da una preoccupazione costante alla vista delle molte, troppe famiglie di poverissimi che non hanno casa e vivono in pratica in sottopassi o in precari ripari ai margini delle strade di periferia: poveri cui la dignità residua impedisce di stendere la mano. Dice suor Maria, che ormai supera la settantina, presentando un suo piano alla superiora: “Non vorrei morire con un’omissione sulla coscienza, che in quel supremo istante mi sarebbe di rimorso”. D’altra parte nulla vuole intraprendere al di fuori dell’obbedienza. Questa volta è la festa di don Bosco che apre la strada alla soluzione del problema. Un’ex allieva offre a suor Maria un proprio terreno sulla collina appena fuori città e, giunto il consenso delle superiore e quello dell’arcivescovo, si dà inizio ai lavori. Nel 1973 si possono inaugurare le prime sette casette per i senzatetto che formano la Ciudadela de María Auxiliadora – quella n. 1 – perché altre seguiranno. Gli inquilini s’impegnano a rispettare un preciso regolamento, un vero e proprio decalogo di vita morale, per una pacifica convivenza sostenuta dalla preghiera quotidiana. Presto completeranno la “cittadella” una fattoria, un mercatino, un salone-teatro-cappella.

Suor Maria non si ferma. Trova un valido appoggio nelle signore volontarie che assistono e catechizzano i pazienti del dispensario; e sorge l’idea di un’Associazione che si chiamerà ASAYNE (Asociación Ayuda a Necesitados). Le Dame di ASAYNE garantiscono e promuovono tra familiari e professionisti la collaborazione tecnicamente qualificata e sicura che occorre per un’impresa di tal fatta. Hanno la certezza che ASAYNE, com’è nella preveggenza di suor Maria, sarà in grado di raggiungere altri luoghi “in tutta la Repubblica… dovunque si trovi un indigente”.

È evidente che suor Maria è stata sempre assai scarsa di mezzi, in rapporto alle esigenze dei progetti che il suo zelo elaborava a getto continuo. Ma in ogni difficoltà si è rivolta sempre alla Madonna con grande fiducia. A lei un giorno ha indirizzato una specie di filiale protesta: “Perché la tua preferenza per Lourdes? Non siamo tuoi figli anche noi, e tanto lontani da non potere approfittare di quell’acqua che risana? Non sono tue tutte le acque del mondo, anche quella di questo rubinetto? Per favore, fa’ guarire i malati anche con quest’acqua”. Ben presto ebbe dalla Madonna una risposta, quasi obbligandola, offrendo da bere a un catechista ammalato un bicchierino di acqua attinta dal rubinetto del cortile. Il giovane è febbricitante per una brutta influenza e suor Maria non sa come sostituirlo per l’indomani, giorno di grande impegno: “Bevi con fede; torna a casa a coricarti, e domani potrai andare al villaggio per l’oratorio che ti ho affidato”. Il giovane, sfebbrato inspiegabilmente, va all’oratorio e più tardi diverrà sacerdote.

Suor Maria continua ad attingere e distribuire quell’acqua, sempre con la stessa ricetta: bere con fede, a piccoli sorsi, accompagnati sempre da un’Ave. I fatti prodigiosi si moltiplicano e la gente accorre per avere l’acqua della Madonna. La superiora, allarmata, consiglia a suor Maria, “per prudenza”, di sospendere tale distribuzione. Suor Maria obbedisce; ma le persone che hanno bisogno vanno ad attingere da sé e le notizie di grazie vistose si diffondono largamente, insieme con la “ricetta”; cosicché suor Maria, sollevata, può tornare alle sue attività missionarie senza il timore di essere tacciata di superstizione o di arti magiche.

Nel poliedrico profilo apostolico di suor Maria Romero, al di là delle varie forme di apostolato operativo, c’è un’altra espressione del suo cuore missionario che è pure di grande rilevanza: un’attività che costruisce non con pietre e cemento, ma con i doni della speranza, del conforto fraterno, della maternità comprensiva e generosa: doni di amore evangelico che suor Maria dispensa con instancabile dedizione a quelle persone povere, disorientate, umiliate che cercano soluzione a difficoltà indicibili: nella famiglia o nella solitudine, nella povertà o nella malattia, in una vita viziosa o sopraffatta dall’altrui crudeltà. Consolare è l’impegno quotidiano di suor Maria, che per ore e ore riceve, ascolta, solleva, consiglia, orienta. Più di molte parole è il suo cuore che comunica. Un cuore per cui traspare la bontà del Signore: lei si fa interprete e invita a ricorrere a Maria Santissima: i cuori si sentono riscaldati e rinascono a speranza nuova. Queste “udienze” (consultas),per le quali è necessario a un certo punto stabilire un numero d’ordine, raggiungono talvolta una durata estenuante ma suor Maria non se ne lamenta. Gode e ringrazia Dio quando in una vita “perduta” vede rifiorire la pace e la fede. Questa è per lei la più ambita ricompensa.

La sua vita si chiude improvvisamente il 7 luglio 1977, quando per obbedienza si è decisa a partire per un periodo di riposo dopo un anno di fatiche sempre più pesanti. È la partenza per il riposo eterno, a contemplare il volto luminoso del suo Re e lo sguardo dolce della sua Regina.

Il Governo di Costa Rica la dichiarò cittadina onoraria della nazione. La sua salma è a San José de Costa Rica, presso la grande opera da lei fondata come “Casa de la Virgen” e “Obra social”.

Giovanni Paolo II la beatificò il 14 aprile 2002.

Preghiera per Canonizzazione
Signore Gesù,
tu hai scelto la Beata Maria Romero 
a seguirti su vie di gratuità nel dono di sé.
Ti lodiamo perché i poveri hanno contemplato in lei
il tuo volto di tenerezza e di fiducia.
Conduci la nostra vita su percorsi d’amore
e aprici ad ogni tuo dono per essere noi stessi dono per tutti.
Ti supplichiamo di voler glorificare quest’umile tua serva
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo…
Per Cristo nostro Signore. Amen.